E’ stata una udienza di grande importanza, quella dello scorso 18 gennaio, in tribunale a Savona, dove è aperto, di fronte al giudice monocratico, il processo incentrato sul funzionamento della centrale elettrica a suo tempo alimentata a carbone gestita da Tirreno Power a Vado Ligure, località appunto del Savonese, lungo un ampio arco di tempo, dal 2000 al 2014.  Un impianto oggi funzionante solo nelle unità a gas (di cui ora la ditta ha recentemente proposto un consistente potenziamento, attualmente sottoposto a VIA  ministeriale), a seguito del sequestro dei gruppi a carbone avvenuto nel 2014.

 L’ipotesi di reato per la quale si procede è quella di disastro colposo. All’inizio il procedimento prevedeva sia un numero di imputati decisamente superiore agli attuali 26, esponenti a vario titolo e con vari ruoli della Tirreno Power, sia una imputazione di disastro doloso. Tra derubricazioni e parziali archiviazioni si è però arrivati all’attuale capo di imputazione, comunque molto complesso e articolato, che mette in relazione l’attività dell’impianto con un aumento della morbilità e della mortalità nella popolazione residente nei dintorni, oltre che con altre conseguenze ambientali.

Un processo di rilevanza nazionale, vede che la rete professionale Lpteam ben presente, a tutela delle parti civili costituite nel procedimento, con gli avvocati Matteo Ceruti di Rovigo, promotore della rete, e Marco Casellato, componente della rete.  In particolare, l’avvocato Ceruti segue l’associazione “Uniti per la salute”, mentre l’avvocato Casellato l’associazione ambientalista Wwf.

L’udienza del 18 gennaio è stata fondamentale proprio alla luce dell’ipotesi alla base del processo, ossia l’esistenza di un nesso causale tra l’attività della centrale, nel periodo di alimentazione a carbone, e i dati di morbilità e mortalità riscontrati nei Comuni ricadenti in un determinato raggio dall’impianto stesso.

La lunga udienza è stata dedicata alla relazione di Fabrizio Bianchi, dirigente di ricerca del Cnr di Pisa, epidemiologo di livello internazionale, che ha condotto una ricerca proprio su questo fronte. Le difese degli imputati hanno chiesto che venisse ascoltato come teste e non come consulente: una questione non solo tecnica, dal momento che, laddove il teste deve attenersi ai fatti, il consulente può fornire la propria interpretazione di questi. Evidente come la questione sia fondamentale, alla luce dell’argomento del quale si tratta. Richiesta rigettata dal giudice. Anche sulla base delle repliche dell’avvocato Casellato, che sono state espressamente richiamate dal giudice nella sua ordinanza.

La relazione di Bianchi testimonia un forte aumento della morbilità e della mortalità rispetto alla media nei 12 Comuni ricadenti, secondo la ricostruzione dell’accusa, nel raggio di attività della centrale.

In particolare, l’esperto ha parlato del “Quarantanove per cento in più di mortalità, sia per uomini che per donne, e 90 per cento in più, per gli uomini, di patologie dell’apparato respiratorio all’interno di dodici Comuni compresi nel perimetro di ricadute della centrale Tirreno Power”.

La committente dello studio, come riferito da Bianchi in aula, è stata la Regione Liguria. E’ stato preso in considerazione un arco di 13 anni, dal 2001 al 2013, seguendo ben 144mila persone. I risultati, ad avviso dell’esperto, “hanno messo in evidenza l’associazione tra mortalità e patologie di vario genere ed esposizione agli agenti inquinanti”.

Nel dettaglio, ha proseguito il teste, sono emersi “Eccessi di mortalità per tutte le cause, pari a più 49%, sia per gli uomini che per le donne; aumenti del 41 % per gli uomini e del 59 % per le donne rispetto alle malattie del sistema circolatorio; del 90 % per gli uomini e del 62% per le donne per quanto riguarda le patologie dell’apparato respiratorio. Del 34% per gli uomini e del 38% per le donne per le patologie del sistema nervoso. Del 59 %  per gli uomini di tumori ai polmoni”.

Ora si torna in aula il prossimo 15 febbraio.

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