Una decisione favorevole all’imputato come quella pronunciata dal Gup presso il Tribunale di Ravenna ad esito di un giudizio abbreviato sarebbe stata impossibile prima della modifica dell’art. 131 bis codice penale conseguente alla c.d. riforma “Cartabia”. La vicenda è particolare per via del titolo di reato contestato (detenzione illegale di un vecchio fucile funzionante) e delle persone imputate (due anziani coniugi che non avevano mai utilizzato quell’arma).

A seguire il caso, ottenendo una delle prime pronunce di questo tipo nel nostro Paese, l’avvocato Carmelo Marcello, dello studio Mgtm Avvocati Associati di Ferrara, componente della rete professionale Lpteam.

La signora era venuta in possesso dell’arma per effetto di successione ereditaria dopo la morte, all’età di 97 anni, dell’anziano genitore che, a suo tempo, aveva provveduto a denunciare il possesso dell’arma alla locale stazione dei carabinieri. Per legge, la signora avrebbe dovuto procedere alla nuova denuncia di disponibilità dell’arma nonostante tale obbligo fosse stato già assolto da suo papà.

Cosa che non aveva fatto perché, come spesso accade in occasione del decesso del proprio genitore, la signora era stata impegnata nei complessi adempimenti successori disinteressandosi completamente del vecchio fucile del padre, che era rimasto custodito nella stessa abitazione dove aveva vissuto il papà, conservandolo solo per ragioni affettive e di ricordo.

La legge però, in materia di armi, è severissima e non ammette ignoranza e così la signora è stata chiamata a rispondere del grave reato di detenzione illegale dell’arma e con lei, in concorso, anche l’anziano marito che non aveva mai utilizzato quell’arma.

La difesa è riuscita a dimostrare che il marito non poteva rispondere del fatto contestatogli, a titolo di concorso morale e materiale, sulla base del mero rapporto di coniugio e di coabitazione con la moglie che aveva ereditato l’arma. La richiesta della difesa è stata pienamente accolta, nonostante il Pubblico Ministero avesse sollecitato la condanna dell’imputato, tanto che il marito della signora è stato assolto “per non aver commesso il fatto”.

Quanto alla signora, il risultato favorevole è stato ottenuto grazie ad una difesa che ha fatto leva sulla “tenuità del fatto” evidenziando altresì che la c.d. riforma “Cartabia” (in particolare, art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 del D.L.vo 150 del 2022) ha modificato la disciplina speciale della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis codice penale consentendone l’applicazione anche ai reati, come quello in materia di armi contestato alla signora, per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni.

Si tratta di uno strumento importante la cui applicazione, sussistendone i presupposti, andrebbe sempre sollecitata da parte del difensore dopo attento esame del reato contestato e del caso concreto.

Nel caso specifico, anche tale richiesta è stata pienamente accolta dal Giudice con la pronuncia di una sentenza favorevole all’imputata nonostante la richiesta di condanna avanzata dal Pubblico Ministero.

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