E’ stato lunedì 26 aprile il giorno del rinvio a giudizio di tutti i 15 indagati dei due filoni di inchiesta aperti sul caso Pfas, poi riuniti in sede di udienza preliminare, su richiesta della Procura di Vicenza. Un esito, per un caso di rilevanza nazionale e internazionale, che soddisfa le aspettative non solo della pubblica accusa, ma anche degli avvocati di parte civile. Tra questi, ben tre avvocati della rete professionale Lpteam, presente in forze anche in questo processo, uno dei più importanti degli ultimi decenni a livello ambientale.

In sede di udienza preliminare si sono costituite, oltre a diversi enti pubblici ed associazioni ambientali, 95 persone offese aderenti o simpatizzanti delle rete delle Mamme No Pfas, alcune in rappresentanza dei figli minori, preoccupate per quelli che potrebbero essere su di loro gli effetti a lungo termine di questi inquinanti penetrati nella rete idrica: tutte persone residenti nella “zona rossa” di maggiore contaminazione che si sono sottoposte allo screening con esiti di contaminazione del sangue ai Pfas.

A rappresentarli gli avvocati Cristina Guasti, Matteo Ceruti e Marco Casellato. Tutti facenti parte della rete professionale Lpteam, Ceruti come promotore, Guasti e Casellato come componenti. Il procedimento penale, che ha avuto enorme eco mediatica, è quello relativo alle sostanze che avrebbero avvelenato l’acqua di una delle falde idriche più grandi d’Europa nelle province di Vicenza, Verona e Padova, provenienti da una azienda di Trissino. Secondo la tesi accusatoria, residui di lavorazione dell’azienda sarebbero infatti filtrati sino a portare all’avvelenamento della falda acquifera.

In sede di udienza preliminare, prima di discutere sul merito della richiesta di rinvio a giudizio, il giudice ha dovuto valutare, appunto, la richiesta della Procura di riunire i due tronconi di indagine aperti:  il filone principale è quello che riguarda la contaminazione da Pfas a catena lunga (Pfoa e Pfos) che sarebbe avvenuta sino al 2013. Il secondo filone, invece, riguarda la contaminazion da Pfas a catena corta (GenX e C6o4) dal 2013 al 2017. In questo secondo filone erano ipotizzati anche reati fallimentari, ossia relativi all’ipotesi di bancarotta, che vanno quindi ad aggiungersi a quelle di disastro, inquinamento ambientale e avvelenamento delle acque. Quest’ultima fattispecie prevede, in caso di rinvio a giudizio, la competenza della Corte d’Assise. 

Così, di conseguenza, avverrà: l’inizio del dibattimento è fissato, appunto, per il 1° luglio, di fronte appunto alla Corte d’Assise di Vicenza. La decisione del giudice per le udienze preliminari è arrivata al termine di una camera di consiglio di tre ore. L’ultima carta giocata dalle difese, relativa alla presunta incompatibilità territoriale, sostenendo che i magistrati giudicanti potrebbero essere persone offese e comunque influenzati dalla vicenda, essendo tutti residenti nel Vicentino e alcuni nelle aree colpite da inquinamento, è stata respinta dal giudice per le udienze preliminari.

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