Nel dicembre del 2018, era stata addirittura arrestata, all’esito dell’intervento della polizia, con l’ipotesi di reato di lesioni: la moldava di 60 anni, questa la tesi che è arrivata anche a dibattimento, con la Procura che ha domandato la condanna dell’imputata a un anno e mezzo, avrebbe accoltellato il figlio, ferendolo. Al momento dell’intervento della polizia, avrebbe poi colpito con manate al petto un poliziotto.
E’ però arrivata una assoluzione piena, da entrambe le accuse – oltre a lesioni anche resistenza a pubblico ufficiale – così come richiesto dalla difesa, affidata all’avvocato Pasquale Longobucco, del foro di Ferrara, componente della rete professionale Lpteam.
Un risultato raggiunto anche grazie alle indagini difensive, che hanno portato alla luce il fatto che il figlio della donna, all’epoca dei fatti di 37 anni, avrebbe sofferto di problemi psichici e che egli stesso, dopo i fatti, avrebbe raccontato che non era stata la madre a colpirlo.
Una versione dei fatti confortata dall’esito della consulenza disposta dal pubblico ministero, all’esito dell’interrogatorio della signora, che ha concluso che, se è vero che il sangue trovato sulla lama del coltello era del figlio, lo era altrettanto che sull’impugnatura c’erano le impronte del figlio stesso, che era rimasto ferito ad una mano. Nessuna impronta, invece, della madre. Da qui l’assoluzione dall’ipotesi di reato di lesioni.
Per quanto concerne, invece, l’accusa di resistenza, è emerso come le presunte manate, in ogni caso, non avrebbero impedito al poliziotto di svolgere i doveri del proprio ufficio; al massimo, questo il ragionamento della difesa, si sarebbe potuto parlare di percosse, procedibili, però, solo a querela, ma avanzata.