La sentenza in commento si pone nel solco tracciato dalla Cassazione in materia di accertamento dei reati tributari, in cui non possono applicarsi le presunzioni legali o i criteri validi in sede tributaria, essendo onere della pubblica accusa fornire la prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato.

 

Il caso: Tizio e Caio erano chiamati a rispondere del reato di cui all’art. 5 D.Lvo n. 74/2000, perché nelle loro rispettive qualità Caio di legale rappresentante della società Alfa e Tizio di socio unico e amministratore di fatto della stessa società, al fine di evadere le imposte sul valore aggiunto non presentavano pur essendone obbligati la dichiarazione annuale relativa all’imposta sul valore aggiunto per l’anno d’imposta 2009, essendo l’imposta evasa superiore a 77.468,53, in particolare pari ad euro 84.419,78 a soglia stabilita ai fini della punibilità.

Il Tribunale di Ferrara, dopo attività istruttoria, in cui sono stati sentiti i funzionari dell’agenzia delle entrate, il teste della Guardia di Finanza, l’imputato Tizio ed il consulente nominato dalla difesa di Tizio, concludeva per l’assoluzione di entrambi gli imputati, Tizio per non aver commesso il fatto, Caio – ad esito dell’esame del consulente – perché il fatto non sussiste.

Su quest’ultimo aspetto, il giudice – recependo integralmente le conclusioni esposte dal consulente della difesa di Tizio – ha ritenuto come la tesi accusatoria si fondasse esclusivamente sui risultati della verifica condotta dall’Agenzia delle Entrate e dunque induttivi, perché fondati su mere presunzioni.

La sentenza in commento, sebbene, in linea con i principi indicati dalla Cassazione circa la modalità di accertamento tributarie in sede penale, ha – tuttavia – il merito di indicare in maniera chiara una sorta di vademecum su cosa debbano basarsi gli accertamenti fiscali in sede penale per non essere considerati di natura induttiva.

In particolare, gli accertamenti devono essere di natura obiettiva: verifiche sui conti correnti, sulle singole fatture, sulle ricevute, sui clienti e sui fornitori della società.

Detti controlli, conclude il giudice – “se correttamente effettuati – avrebbero sicuramente portato gli accertatori a rilevare un’evasione di importo sicuramente nettamente inferiore alla soglia di punibilità”.

 

Avv. Pasquale Longobucco

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