Gli avvocati Eleonora Martinelli, Laura Romani e Veronica Baro costituiscono, all’interno dello studio legale Martinelli & Bianchin, un gruppo di lavoro altamente qualificato, con competenze e qualifiche particolarmente professionalizzanti. Con una finalità tanto chiara quanto impegnativa da raggiungere: gestire e risolvere situazioni ad alta conflittualità. Nell’ambito della mediazione familiare, ma non solo.
Ora intervengono sull’importanza dell’elaborazione della crisi e del conflitto familiare e della necessità che queste operazioni avvengano in un contesto attrezzato e adatto.
Per noi non sono fascicoli, per noi sono e saranno sempre Persone, esseri umani che in un momento difficile della loro vita hanno bisogno di incontrare professionisti non solo preparati e specializzati ma umani, perché è l’umanità che sta scomparendo dalla nostra società, in ogni ambito e in ogni contesto. Quell’umanità che tutti noi aneliamo di ricevere nei momenti difficili e di bisogno, ma che spesso dimentichiamo nella quotidianità quando svolgiamo il nostro lavoro. Per ogni famiglia che riusciamo a risollevare, per ogni componente di quella famiglia che avrà ricevuto riconoscimento, comprensione, supporto grazie ai quali avrà ripreso possesso e consapevolezza delle proprie risorse, avremo svolto una funzione sociale importante: accanto al ritrovato benessere nella famiglia, già di per sé molto importante, sarà possibile fare riconquistare alle persone la fiducia nelle istituzioni, nei professionisti e nella giustizia.
Il Tribunale, a nostro avviso, non ha né lo spazio, né le risorse, né i tempi necessari all’elaborazione della crisi e del conflitto familiare. Come ci disse una volta un Giudice nell’ambito di una sanguinosa battaglia giudiziaria in cui a farne le spese erano i figli minori “Avvocato: per noi sono solo fascicoli…”. Una frase che mai dimenticheremo e che mai più vorremmo dover sentire tra le pareti di un Tribunale.
E’ un periodo, questo, di grande fermento per la Giustizia, vista l’ormai prossima entrata in vigore della riforma del processo civile (Legge 206 del 26.11.2021), che interesserà con grande incisività anche la materia del diritto di famiglia.
La Riforma, a nostro modo di vedere, per poter essere efficace, deve passare prima di tutto da un cambiamento culturale: giudici, servizi sociali, avvocati, esperti, consulenti devono essere “al servizio della persona” delle famiglie e dei minori. Troppo spesso in Tribunale ci si dimentica chi abbiamo davanti: ci troviamo di fronte a famiglie in difficoltà perché stanno vivendo un’esperienza traumatica, ossia il fallimento del progetto di vita familiare.
E’ facile che uno solo dei coniugi abbia maturato la decisione di separarsi dopo lunga e attenta riflessione e lo abbia comunicato quando ormai sicuro di non voler tornare indietro: l’altro coniuge, si trova a metabolizzare la scelta (e a doverla accettare, perché non è possibile, come a volte ci è stato chiesto, “negare il divorzio”) senza avere il proprio tempo di riflessione e di comprensione. Una situazione di “differenza emotiva” molto pesante e destabilizzante (basti pensare che il tempo medio per elaborare una separazione è di tre anni…) che se non viene debitamente tenuta in considerazione conduce inevitabilmente alla battaglia giudiziaria.
Inoltre, è proprio nel momento del “fallimento” che i genitori spesso prendono atto che durante il matrimonio non erano riusciti a creare un “modello genitoriale” condiviso. Ognuno di noi, infatti, porta con sé il proprio “modello familiare” della famiglia di origine e durante il matrimonio la coppia genitoriale si confronta sui reciproci modelli e costruisce il proprio modello. Se la famiglia è “disfunzionale” significa che non è riuscita a svincolarsi dalla famiglia di origine, perdendo di vista la creazione della nuova famiglia. Ed è spesso proprio quando si giunge alla separazione che la coppia realizza come le modalità educative e di gestione dei figli erano, tra loro, molto differenti.
Se durante il matrimonio le divergenze su come educare i figli erano oggetto di discussione e di abdicazione di uno dei genitori dal proprio modello genitoriale, ora queste divergenze diventano terreno di scontri e di conflitto e ciascuno vuole vedere riconosciuto il proprio modello genitoriale come quello migliore per i figli. A volte i genitori hanno l’opportunità di fare questo lavoro proprio in occasione della separazione e chi ha la fortuna e l’opportunità di trovare lo spazio per elaborare la crisi familiare e confrontare i modelli educativi riesce a costruire un nuovo modello di co- genitorialità, così la separazione da fallimento può evolvere in opportunità di miglioramento del benessere dei figli.
Nella nostra esperienza, abbiamo visto situazioni non critiche, nel senso di famiglie con buone relazioni le cui potenzialità erano temporaneamente imbrigliate dal momento di crisi, precipitare in drammatiche escalation giudiziarie, proprio perché il Tribunale non era stato in grado di cogliere l’urgenza e/o di promuovere spazi e strumenti di contenimento ed elaborazione della sofferenza e delle emozioni. Di contro, abbiamo visto situazioni con un grave disagio di partenza, con relazioni che arrivavano al patologico (es. genitori con problemi di alcolismo, tossicodipendenza, patologie psichiatriche…) venire gestite in mediazione e giungere ad accordi consensuali e condivisi capaci di garantire una personalizzata tutela per i minori.
Confidiamo che la Riforma sia accompagnata da un reale significativo cambiamento culturale.