Le misure alternative alla carcerazione, espressamente previste al fine della risocializzazione della persona dalla Costituzione, paiono funzionare, alla luce dei controlli eseguiti, nel 2020, da parte del personale della polizia di Stato di Ferrara.

Nell’anno da poco concluso, infatti, sono state complessivamente 136, in provincia di Ferrara, le persone sottoposte a misure alternative al carcere: 31 gli arresti domiciliari, 35 in regime di detenzione domiciliare, 3 in sorveglianza speciale, 9 in libertà vigilata, 14 sottoposte all’obbligo di dimora e 44 in affidamento ai servizi sociali.

I controlli sul rispetto di queste misure hanno dato l’esito seguente: sono state 7 le violazioni riscontrate dagli uomini della polizia di Stato: 2 per violazione dei domiciliari, 2 per la vigilanza speciale e 3 per l’affidamento in prova ai servizi sociali. Numeri molto bassi, effettivamente.

Su questo tema, interviene l’avvocato Pasquale Longobucco, componente della rete professionale Lpteam e presidente della Camera Penale di Ferrara, sottolineando come l’impiego di misure alternative alla carcerazione, proprio in funzione della risocializzazione, sia da tempo sostenuto e raccomandato dalla Camera Penale di Ferrara e dalle Camere Penali in genere, proprio in chiave di promozione della risocializzazione e di abbattimento del rischio di recidiva, anche alla luce della situazione nella quale versano molte carceri del Paese.

Longobucco, tuttavia, precisa – al quotidiano Il Resto del Carlino – come sarebbe importante anche analizzare il dato in un contesto maggiormente ampio, per capire, per esempio, quante di queste misure siano state chieste nella loro attuale versione, quella oggetto dei controlli, già in prima battuta e quante, invece, siano state poi oggetto di successive modifiche.

Al di là di questo, comunque, concorda sul fatto che paiano davvero funzionare. “Non possiamo non sottolineare – dice infatti – che le misure alternative alla detenzione in carcere funzionino. E questo va nella direzione da sempre perseguita dalle Camere Penali italiane, che ripetono da tempo come l’applicazione di misure alternative sia funzionale ad una risocializzazione della persona condannata, come richiede la nostra Carta Costituzionale”.

“Statisticamente le misure alternative alla detenzione prevengono con maggiore efficacia i rishi di recidiva rispetto alla mera detenzione in carceri sempre più affollate e con gravi carenze strutturali”.

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