La sentenza di separazione personale tra i coniugi, anche se a conclusioni congiunte, non è idonea a fondare la revoca della  misura dell’allontanamento dalla casa familiare né il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima del reato di maltrattamenti familiari.

Sulla base di questo ragionamento, Il Tribunale di Rovigo ha respinto la richiesta di revoca delle misure cautelari presentata dall’imputato accogliendo in pieno la tesi difensiva della persona offesa. Un risultato importante, quello conseguito dall’avvocato Cristina Guasti, componente della rete professionale Lpteam, e dalla collega Gina Cappato.

 Con ordinanza del giugno di quest’anno, nell’ambito di un processo per maltrattamenti familiari e lesioni, il Tribunale di Rovigo ha rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282 bis c.p.p.) e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282 ter c.p.p.) presentata dall’ imputato. A sostegno della propria richiesta di revoca, quest’ultimo allegava, tra l’altro, il sopravvenire della sentenza di separazione.

Ebbene, il Giudice non ha reputato che da tale elemento si potesse far discendere il venir meno del pericolo di reiterazione del reato né che lo stesso fosse indice di una presa di consapevolezza del disvalore degli agiti violenti perpetrati in danno della compagna.

In particolare, accogliendo le argomentazioni difensive della persona offesa, il Tribunale ha ritenuto che il sopravvenire della sentenza di separazione non fosse segno concreto di una riconciliazione tra i coniugi. Nello specifico, a nulla valeva il fatto che la decisione del Giudice civile fosse giunta all’esito di una negoziazione cui era seguita la deposizione congiunta delle conclusioni da parte dei rispettivi difensori.

Come evidenziato dalla vittima del reato, i motivi che possono condurre i coniugi alla presentazione congiunta di conclusioni processuali che incontrano il favore di entrambi in punto di mantenimento e affidamento della prole possono essere di varia natura. Nel caso di  specie, coincidevano con la necessità della vittima di rielaborare il proprio vissuto violento senza doverlo rievocare più volte nel corso del giudizio civile. La separazione consensuale non è, dunque, indice di per sé, rispettivamente, di una richiesta e di una concessione di perdono né sintomo di intervenuta riappacificazione dopo gli episodi violenti posti in essere.

In conclusione, il Tribunale di Rovigo, mantenendo alta l’allerta sui reati da codice rosso, afferma che la separazione personale consensuale non può essere elemento valorizzabile  quando, dalle motivazioni della stessa e dalle modalità con le quali si è svolto il procedimento civile, si evince che non vi sia alcun pentimento da parte dell’imputato, e che persistano, invece, le esigenze cautelari che hanno condotto alla disposizione dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dal coniuge.

 

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