Riportiamo un articolo di Matteo Ceruti, promotore della rete professionale Lpteam, pubblicato nei giorni scorsi da Rga online, Rivista giuridica dell’ambiente (PER LEGGERE L’ARTICOLO SU RGA ONLINE CLICCA QUI). Per l’articolo in Pdf clicca qui, mentre per la sentenza originale clicca qui.
Per quanto riguarda la sentenza che viene analizzata, gli estremi sono i seguenti: Consiglio di Stato, Sez. VI – 3 febbraio 2021, n. 995 – Pres. De Felice, Est. Simeoli – F. s.r.l. c. (Avv. G. Milo) c. Comune di Muggia (Avv. A. Reggio d’Aci e W. Coren)
Sulla domanda di sanatoria di un traliccio per la radiodiffusione realizzato con titolo autorizzatorio dichiarato decaduto non si forma il silenzio assenso ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, in quanto il modulo procedimentale recato dalla disposizione appena richiamata riguarda le istanze di autorizzazione relative alla realizzazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, ma non la regolarizzazione di strutture già edificate sine titulo, esigenza rispetto alla quale, sia l’ordinamento regionale del Friuli Venezia Giulia, sia la disciplina statale (ossia l’art. 36 del T.U. dell’edilizia), contempla l’opposto modulo del silenzio rifiuto.
Con la sentenza ivi annotata viene a conclusione un articolato contenzioso relativo ad un traliccio con un ripetitore per antenne della radiodiffusione, di circa 30 metri di altezza, realizzato nel territorio del ridente comune di Muggia, estremo lembo settentrionale dell’Istria.
Oggetto del contendere dinanzi al Consiglio di Stato è l’ordinanza comunale di demolizione delle opere realizzate dopo la decadenza del titolo perfezionatosi con silenzio assenso, poi dichiarato decaduto per mancata ultimazione delle opere nel termine annuale, con provvedimento impugnato ed annullato dal Tar triestino con sentenza tuttavia riformata in appello.
Al netto di questioni attinenti a note problematiche in tema di abusi edilizi (sul carattere vincolato dell’ordine di demolizione di un edificio abusivo, sulla sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, l’irrogabilità della demolizione anche nei confronti del proprietario di buona fede, l’irrilevanza del tempo trascorso dalla realizzazione dell’opera, ecc.), la pronuncia merita di essere segnalata laddove precisa che l’ingiunzione a rimuovere le opere realizzate dopo la decadenza del titolo (con cui era stata assentita la costruzione di un traliccio con il ripetitore di radiodiffusione) non può essere vanificata neppure invocando a giustificazione della permanenza dell’abuso, l’interesse alla tutela della salute dei cittadini dall’inquinamento elettromagnetico (sulla base della circostanza che, per eseguire l’ordinanza, sarebbe necessario trasferire le antenne emittenti dal nuovo traliccio più alto a quello “vecchio” più basso, con conseguente maggior inquinamento elettromagnetico). Il passaggio chiave del ragionamento è laddove il giudice amministrativo d’appello chiarisce che la funzione amministrativa e la stessa causa del provvedimento recante la demolizione dell’impianto concerne il ripristino della regolarità edilizia del manufatto, cosicché in un tale contesto l’interesse pubblico alla continuazione delle radiodiffusioni costituisce un aspetto del tutto “esogeno” e, come tale, irrilevante ai fini del decidere.
L’ulteriore passaggio motivazionale della sentenza in esame di un certo rilievo è quello riguardante il ricorso con motivi aggiunti con cui la società proprietaria dell’impianto aveva impugnato il rigetto della domanda di sanatoria delle opere abusive.
In proposito il Consiglio di Stato precisa che, quanto al diniego di sanatoria, non è corretto affermare che sulla relativa istanza si sarebbe formato il silenzio assenso ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 (recante approvazione del Codice delle comunicazioni elettroniche) in quanto il modulo procedimentale previsto dalla disposizione testè richiamata riguarda le istanze di autorizzazione relative alla realizzazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, ma non la regolarizzazione di strutture già edificate sine titulo, esigenza rispetto alla quale la disciplina statale di cui all’art. 36 del T.U. dell’edilizia (ma anche l’ordinamento regionale del Friuli Venezia Giulia) contempla l’opposto modulo del silenzio rifiuto.
Si tratta dell’affermazione di un principio di diritto ragionevolmente rigoroso in ordine al campo applicativo della disciplina autorizzatoria accelerata per gli impianti radioelettrici prevista dal Codice delle comunicazioni elettroniche. Un esito interpretativo quest’ultimo nient’affatto scontato ove si consideri che in passato lo stesso giudice amministrativo d’appello, sul medesimo tema della sanatoria di impianti radioelettrici abusivamente realizzati, aveva invece mostrato un atteggiamento piuttosto morbido e accondiscendente, affermando che non si potrebbe disconoscere la possibilità di richiedere la d.i.a. (ora s.c.i.a.) in sanatoria anche per gli impianti di telefonia mobile, non ostando a ciò la mancata espressa previsione di tale possibilità nell’art. 87, c. 3, d.lgs. n. 259/2003: il tutto sol perché quest’ultima disposizione non escluderebbe expressis verbis anche la d.i.a. in sanatoria[i].
In proposito si rammenta che gli artt. 86 ss. del d.lgs. n. 259/2003 hanno previsto moduli di silenzio – assenso sulle domande di autorizzazione e denuncia di inizio attività (nel caso di installazione di impianti con tecnologia UMTS o altre, con potenza in singola antenna uguale o inferiore a 20 W), ritenuti legittimi dalla Corte Costituzionale in quanto considerati istituti espressivi di un principio generale di semplificazione di derivazione comunitaria e, per certi versi, naturale evoluzione del sistema amministrativo[ii].
Aggiungasi che la rapidissima evoluzione tecnologica che ha contraddistinto il settore delle telecomunicazioni successivamente all’approvazione della legge quadro sull’inquinamento elettromagnetico n. 36/2001 e del Codice del 2003 ha indotto negli anni successivi il legislatore statale ad apportare ripetute modifiche al quadro normativo vigente. E così nell’ultimo decennio, da un canto, sono state introdotte progressive semplificazioni delle procedure autorizzatorie per talune tecnologie di telecomunicazione basate su soglie di potenza e/o limiti dimensionali degli apparati; e, dall’altro, si è proceduto ad una modifica delle modalità di misurazione e di calcolo dei valori limite fissati dal d.P.C.M. 8/07/2003, a seguito della necessità evidenziata dai gestori di telefonia mobile di ottenere una maggiore flessibilità della rete, con un conseguente esito di allentamento della finalità radioprotezionistica della popolazione[iii].