Un caso reale, del quale si è occupato lo studio Martinelli&Bianchin, che fa parte della rete professionale Lpteam e che affronta un tema estremamente importante e attuale, ossia la possibilità, da parte degli associati di una associazione riconosciuta, di chiedere al presidente del Tribunale la convocazione dell’assembea, qualora il presidente del consiglio direttivo, nonostante le reiterate richieste, rimanga inerte.
“Gli associati chiedono ripetutamente al Presidente del Consiglio Direttivo di Associazione riconosciuta di convocare l’Assemblea, ma quest’ultimo si rifiuta o non adempie, sollevando eccezioni di merito e/o di opportunità. Quid iuris?
In tema di inerzia del Presidente, l’art. 20, II comma, c.c. prevede un vero e proprio diritto degli associati ad ottenere la convocazione dell’assemblea: “L’Assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati. In quest’ultimo caso, se gli amministratori non vi provvedono, la convocazione può essere ordinata dal presidente del Tribunale”.
In caso di inerzia o rifiuto dettato da questioni di merito da parte dell’amministratore, gli associati potranno quindi ricorrere – ai sensi dell’art. 20. II comma, c.c. – al Presidente del Tribunale affinché quest’ultimo ordini al Presidente del Consiglio direttivo di convocare l’Assemblea.
Va però evidenziato che la decisione di cui si dovrà occupare il Presidente del Tribunale, o Giudice da lui designato, dovrà avere ad oggetto esclusivamente l’accertamento dell’inerzia dell’organo amministrativo (e gli altri presupposti di legge, vedi infra) e non i motivi relativi all’opportunità di chiedere la convocazione.
Così ritiene anche la Corte di Cassazione, secondo la quale il decreto di convocazione dell’Assemblea emanato ai sensi dell’art. 20, 2 comma, c.c.: “non implica alcuna valutazione in ordine all’interesse dell’ente o dei singoli associati o alla responsabilità degli organi sociali, e neppure in ordine alla natura ed al contenuto degli argomenti che formano oggetto della richiesta di convocazione, muovendo dalla semplice constatazione dell’inerzia ingiustificata degli organi titolari del potere di convocazione e configurandosi come un intervento sostitutivo funzionale al compimento di un’attività dovuta” (Cass. civ. n. 12833/2017).
Dello stesso avviso anche il Tribunale di Milano Sez. spec. Impresa 02/04/2016 per cui: “il Tribunale, in questa sede, deve e può vagliare invece soltanto la legittimità del rifiuto o dell’omissione della convocazione dell’assemblea da parte degli amministratori, sotto alcuni profili formali e sostanziali (in quanto fatti oggetto di specifiche eccezioni) in cui si traducono i limiti stessi del diritto dell’associato di ottenere la convocazione dell’assemblea, e, segnatamente:
1) la legittimazione dell’associato richiedente;
2) la correttezza procedurale dell’istanza;
3) l’assenza di abuso manifesto allo stato degli atti;
4) l’ordine del giorno designi oggetti di deliberazione possibili e leciti”.
Nella controversia trattata gli avvocati di Lpt hanno pertanto rilevato che i predetti presupposti (Legittimazione dell’associato richiedente, correttezza procedurale dell’istanza, assenza di abuso manifesto allo stato degli atti, ordine del giorno possibile e lecito, inerzia dell’amministratore) non solo erano stati documentalmente provati dal ricorrente, ma addirittura non erano stati contestati in alcun modo dalla controparte. Si è quindi insistito per il rigetto di tutte le domande formulate dal resistente e per l’accoglimento totale del ricorso, con conseguente ordine di convocazione dell’assemblea. Si attende ora il verdetto del Giudice”.