Anche il quotidiano francese “Liberation” segue con attenzione il caso Pfas, per il quale è in corso l’udienza preliminare in Tribunale a Vicenza, procedimento che vede impegnati, come legali di parte civile, ben tre avvocati della rete professionale Lpteam: Matteo Ceruti e Cristina Guasti, di Rovigo, e Marco Casellato, di Adria, il primo promotore, gli altri componenti della rete professionale Lpteam. Assistono il gruppo delle Mamme No Pfas e altri privati.

Il tutto nell’ambito dell’indagine relativa alle sostanze che avrebbero avvelenato l’acqua di una delle falde idriche più grandi d’Europa nelle province di Vicenza, Verona e Padova, provenienti da una azienda di Trissino. Procedimento penale che coinvolge 13 imputati e l’azienda Miteni.

Le accuse ipotizzate sono pesanti: disastro e avvelenamento delle acque. Quest’ultima fattispecie prevede, in caso di rinvio a giudizio, la competenza della Corte d’Assise. E’ uno dei processi di maggiore importanza a livello nazionale attualmente in corso. Secondo la tesi accusatoria, residui di lavorazione dell’azienda sarebbero filtrati sino a portare all’avvelenamento della falda acquifera.

All’ultima udienza, prima della discussione finale, si sono costituiti i responsabili civili, con le parti civili che hanno esteso la costituzione nei loro confronti..

Un caso la cui rilevanza, appunto, ha varcato i confini nazionali, arrivando anche in Francia. “‘Silenzio, stiamo avvelenando ‘: si apre con questo titolo a tutta pagina il numero del 18 giugno 2020 di Libération, uno dei più importanti quotidiani francesi con un’approfondita inchiesta dedicata ai Pfas – spiega il comunicato stampa delle Mamme No Pfas – Il giornalista Eric Joszef, inviato speciale in Veneto, l’8 giugno scorso ha incontrato le Mamme No Pfas al Tribunale di Vicenza in occasione della penultima udienza prima del possibile processo contro Miteni. Sei intere pagine di inchiesta mostrano quanto la situazione sia estremamente grave“.

Il problema, del resto, è purtroppo ben noto e attuale anche in Francia. “Qui – prosegue la nota – il 90% dei corsi d’acqua risulta contaminato da Pfas -Sono almeno tre le ditte responsabili come risulta da un’indagine condotta da Ases (l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e la salute sul lavoro) a partire dal 2009 sulla contaminazione delle reti di acqua dolce e delle acque sotterranee e alluvionali: Arkema FranceDaikin Chemical (fiume Rodano) e American Chemours (fiume Oise)”. 

“Eppure in Francia nessun controllo è previsto sull’acqua potabile, e nessuna comunicazione viene fornita alla popolazione. Sulla richiesta fatta ad Arkema France per eseguire studi sulla contaminazione, Anses scrive: ‘Sebbene informato del piano di campionamento, il produttore ha smantellato questa struttura il giorno prima che i campioni fossero prelevati, rendendo impossibile qualsiasi analisi‘”.

“La Direzione regionale dell’ambiente, della pianificazione e dell’edilizia abitativa francese, sostiene che ‘le attuali normative non prevedono il monitoraggio di queste sostanze, né nelle acque sotterranee né negli scarichi‘. Ma Arkema e Daikin sono stati citati in giudizio a gennaio dallo Stato del Michigan per ‘aver saputo per decenni che i Pfas sono tossici e rappresentano un rischio sostanziale per la salute e l’ambiente. Nonostante questa conoscenza, hanno intenzionalmente e ostinatamente nascosto queste informazioni allo Stato del Michigan e alla popolazione’.

“Sono in sostanza le stesse accuse mosse nei confronti di Miteni dalla Procura di Vicenza e dall’avvocato Matteo Ceruti che difende decine di Mamme No Pfas che si sono costituite parte civile nel procedimento a carico di 13 manager di Miteni in corso davanti al Gup del Tribunale di Vicenza Roberto Venditti”.

“In Veneto, abbiamo una fotocopia di quello che è successo negli Stati Uniti dieci anni fa. Le autorità avrebbero dovuto imparare le lezioni per agire a monte”, afferma il dott. Francesco Bertola intervistato dal giornalista di Libération, e aggiunge: «Dalla fine degli anni 2000, gli scienziati americani hanno dimostrato che esiste una probabile correlazione tra l’esposizione a Pfas e una serie di malattie tra cui l’ipertensione nelle donne in gravidanza, cancro ai reni e cancro ai testicoli“.

“Per quest’ultimo – aggiunge l’avvocato Ceruti – la ricerca condotta nel 2016 nella ‘zona rossa’ ha rilevato un eccesso del 30% rispetto al tasso normale. Non c’è mai stato un vero studio epidemiologico. Vi è un aumento di alcune malattie, ma non si è andati oltre”.

“La Regione Veneto – proseguono le Mamme No Pfas – non ritiene di dover rendere note le concentrazioni di Pfas a catena corta, che vengono assorbite dai vegetali, riscontrate nello studio condotto sui campioni prelevati nell’’area rossa’ veneta, così 250 grammi di spinaci possono contenere 350 ng di Pfas e un kiwi di 60 grammi fino a 1800 ng. Questo accade per la mancanza di indicazioni da parte di Efsa sulle molecole attualmente in produzione. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare si limita a suggerire una Twi (dose settimanale tollerabile) per la somma di 4 Pfas (Pfoa, Pfna, Pfhxs e Pfos) di 8 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo alla settimana”.

Nicola Dell’Acqua, nominato nel 2018 commissario straordinario per l’emergenza PFAS dalla regione Veneto, dichiara che «L’acqua non sarà più utilizzabile per diversi decenni» e crede che vi sia un urgente bisogno di adottare standard a livello europeo perché ci sono altre Miteni in Europa e se si impongono limiti solo in determinate regioni, le industrie chimiche si stabiliranno in un’altra.

“Per questo – chiudono le Mamme No Pfas – ribadiamo con forza la richiesta al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa di fissare urgentemente limiti su tutto il territorio nazionale, già promessi più di un anno e mezzo fa, senza attendere la nuova Direttiva europea sull’acqua, prevista per la fine dell’anno”.

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