L’avvocato Pasquale Longobucco di Ferrara, presidente della Camera penale di Ferrara, componente della rete professionale Lpteam, dello studio Mgtm di Ferrara, interviene sulla recente sentenza della Cassazione in tema di coltivazione di marijuana in quantità ridotte e per uso personale, per la quale è arrivata una assoluzione. Lo fa con un articolato intervento sul quotidiano “Il Resto del Carlino”, edizione Ferrara, del quale riportiamo i passaggi salienti.
“E’ un segnale positivo – spiega – tenendo conto che siamo in un sistema proibizionistico. Nella ricerca di parametri per definire l’uso personale, l’approccio alla coltivazione è sempre stato complesso e con pareri contrastanti. Su questo fronte, si è spesso posto l’accento sul pericolo, che è uno degli elementi del reato. Le sezioni unite hanno risolto il dilemma, rendendo praticabile l’uso personale anche per quanto riguarda la coltivazione”.
Longobucco precisa poi come, al di là del clamore mediatico che la sentenza delle Sezioni Unite ha comprensibilmente avuto, si debba tenere conto che la sentenza non costituisce una novità assoluta, dal momento che assoluzioni nel merito, per ipotesi di coltivazione, erano arrivate anche dai tribunali territoriali. Già nel 2000, per esempio, i giudici di Ferrara seguirono un ragionamento simile.
Allo stesso modo si deve tenere presente come, all’atto pratico, la sentenza non sia destinata a produrre “terremoti” dal punto di vista giuridico, dal momento che non istituisce alcun automatismo. Senza dubbio costituisce una pronuncia importante, alla quale sarà possibile richiamarsi, ma i singoli procedimenti penali dovranno comunque passare attraverso tutte le fasi necessarie e, per capire se sia possibile una assoluzione ispirata ai principi ribaditi dalla Cassazione, si dovrà valutare la sussistenza o meno di una serie di requisiti.
“Ora, comunque – conclude Longobucco – si parte da un approccio diverso. Sarà infatti l’accusa a dovere dimostrare che chi coltiva alcune piantine non lo fa per uso personale”.
In ogni caso, una spinta verso la legalizzazione non potrà certo avvenire da parte della magistratura, che si limita a interpretare e applicare le norme, ma unicamente, eventualmente, dalla politica.