Sono iniziate il 22 marzo, in tribunale a Vicenza, le due udienze preliminari sui due tronconi di indagine del caso Pfas, che ha avuto risonanza mondiale. Una inchiesta seguita con attenzione dalla rete professionale Lpteam, presente, a tutela delle parti civili, con ben tre avvocati.
Per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura, serviranno altre udienze, perlomeno due. Sono già state calendarizzate, infatti, quelle del 13 e del 26 aprile, ma potrebbe rendersene necessaria una ulteriore. Il giudice per le udienze preliminari, invece, ha già deciso sulla riunione dei due procedimenti, accogliendo quindi la richiesta della Procura.
Numerose le parti civili ammesse: in primo luogo 95 persone offese, sia le Mamme No Pfas, in rappresentanza dei figli, sia altri genitori che, pur non facendo parte dell’associazione, sono comunque preoccupati per i figli minori, per quelli che potrebbero essere su di loro gli effetti a lungo termine di questi inquinanti penetrati nella rete idrica: tutte persone residenti nella “zona rossa” di maggiore inquinamento della falda e che si sono sottoposte allo screening con esiti di contaminazione del sangue ai Pfas.
A rappresentarli gli avvocati Cristina Guasti, Matteo Ceruti e Marco Casellato di Adria. Tutti facenti parte della rete professionale Lpteam
Il filone principale è quello che riguarda l’avvelenamento delle acque (art. 439 c.p.) e il disastro ambientale (art. 452-quater c.p.) per aver contaminato la falda ponendo in pericolo la salute delle persone con Pfas cosiddetti a catena lunga (ad oggi vietati). Reati che sarebbero stati compiuti dai manager e dirigenti dell’azienza e delle società controllanti sino al 2013.
Il secondo filone, invece, riguarda l’inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.) da Pfas a catena corta (GenX e C6o4) dal 2013 al 2017. In questo secondo filone sono ipotizzati anche reati fallimentari, ossia relativi all’ipotesi di bancarotta. Ora, appunto, in virtù della decisione del Gup, sono stati riuniti.Al centro di tutto, l’indagine è quella, che ha avuto eco mondiale, sulle sostanze che avrebbero avvelenato l’acqua di una delle falde idriche più grandi d’Europa nelle province di Vicenza, Verona e Padova, provenienti da una azienda di Trissino. Procedimento penale che coinvolge 13 imputati e l’azienda Miteni.L’ipotesi di avvelenamento delle acque prevede, in caso di rinvio a giudizio, la competenza della Corte d’Assise. Secondo la tesi accusatoria, residui di lavorazione dell’azienda sarebbero filtrati sino a portare all’avvelenamento della falda acquifera.
Nel corso dell’udienza preliminare, a supporto della discussione del pubblico ministero, gli avvocati di Lpteam hanno in particolare prodotto ampia documentazione medico-scientifica relativa alle conseguenze della diffusione dei Pfas nell’ambiente e della loro sedimentazione nell’organismo umano. Il tutto con lo scopo di chiarire come le patologie correlate a questi inquinanti siano un numero più ampio di quello considerato dalla stessa Procura.
Tre, in particolare, le relazioni tecniche a questo scopo depositate dagli avvocati di parte civile Lpteam. Una di Vincenzo Cordiano, oncoematologo, proprio per analizzare tutta la letteruatura scientifica sulla correlazione tra assunzione di Pfas e insorgenza di varie patologie; una seconda relazione di Daniele Rodriguez, titolare della cattedra di Medicina legale dell’Università di Padova che, oltre a supportare i rilievi di Cordiano, approfondisce la prospettiva della Procura in tema di ipercolesterolemia (anche in bambini non obesi) correlata ai Pfas; infine, la traduzione asseverata di una relazione di Philippe Grandjean, scienziato danese considerato uno dei maggiori studiosi mondiali sull’argomento, che è stata prodotta nell’ambito di un recente contenzioso in Minnesota.
Una azione, quella delle parti civili Lpteam, particolarmente mirata, quindi, proprio su quello che è il nucleo del caso Pfas, ciò che sta maggiormente a cuore a tante famiglie: le conseguenze sulla salute umana di questi inquinanti.