E’ cominciato, nella mattinata del 1° luglio, in tribunale a Vicenza il processo per il caso Pfas, uno dei maggiori processi ambientali a livello nazionale e internazionale, incentrato su un clamoroso e gravissimo caso di avvelenamento della falda acquifera a seguito di attività industriale, con tutte le possibili ricadute del caso sulla salute della popolazione residente nella cosiddetta “zona rossa” di massima contaminazione, decine di migliaia di persone.

Tre gli avvocati della rete professionale Lpteam impegnati nel processo, come difensori di parte civile: Matteo Ceruti, promotore della rete professionale, Cristina Guasti e Marco Casellato, componenti della rete professionale. Assistono le “Mamme No Pfas”.

 Le parti civili sono persone residenti nella zona rossa, che si sono sottoposte al biomonitoraggio, con esiti purtroppo positivi, ossia con il rilevamento di concentrazioni di Pfas nel sangue superiore ai valori di riferimento, in determinati casi con patologie secondo la letteratura correlabili con l’esposizione a Pfas, pure in mancanza, ancora, di studi epidemiologici dedicati.

Una delle novità della prima udienza è stato il forte aumento del numero di famiglie intenzionate a costituirsi parte civile: poco meno di duecento in tutto, con un incremento di una sessantina rispetto a quelle che si erano fatte avanti all’udienza preliminare. Proprio alle richieste di costituzione di parte civile è stata dedicata buona parte della prima udienza dibattimentale

Come di prassi nel caso di processi di questa complessità,  la Corte d’Assise di Vicenza, competente per il più grave dei reati contestati, vale a dire quello di avvelenamento delle acque, ha scelto di riservarsi la decisione sull’ammissione delle parti civili, assegnando, nel contempo, alle difese degli imputati un congruo termine per esaminare le richieste di costituzione e sviluppare eventuali eccezioni. Si tornerà, quindi, in aula il prossimo 16 settembre

Gli imputati sono in tutto 15, i vertici delle aziende ritenute coinvolte nell’inquinamento da Pfas. Il dibattimento in corso è il frutto della riunione di due indagini, disposto dal giudice in sede di udienza preliminare.

In particolare, il filone principale è quello che riguarda la contaminazione da Pfas a catena lunga (Pfoa e Pfos) che sarebbe avvenuta sino al 2013. Il secondo filone, invece, riguarda la contaminazion da Pfas a catena corta (GenX e C6o4) dal 2013 al 2017. In questo secondo filone sono ipotizzati anche reati fallimentari, ossia relativi all’ipotesi di bancarotta, che vanno quindi ad aggiungersi a quelle di disastro, inquinamento ambientale e avvelenamento delle acque. Quest’ultima fattispecie prevede, in caso di rinvio a giudizio, la competenza della Corte d’Assise, davanti alla quale è appunto aperto il dibattimento. Si torna in aula il 16 settembre.

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