Il diritto al nome quale riflesso del diritto all’identità
Una tematica tornata di recente di stringente attualità, anche alla luce di una importante pronuncia, e che viene analizzata, con la consueta precisione e con l’abituale livello di approfondimento, dagli avvocati Cristina Guasti, componente della rete professionale Lpteam, e la collega Gina Cappato.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 131/2022 con la quale si è sancita l’illegittimità costituzionale delle norme che prevedono l’automatica attribuzione del solo cognome paterno in luogo della trasmissione di entrambi i cognomi, è ritornato di estrema attualità il procedimento amministrativo utile al mutamento del proprio nome o cognome di cui agli artt. 89 e segg. del d.p.r. 396/2000.
È, infatti, possibile cambiare il proprio nome e/o cognome mediante un’istanza al Prefetto del comune di residenza o di nascita, presentata anche per il tramite di un avvocato di fiducia, corredata di adeguata motivazione che spieghi le ragioni di tale richiesta.
Il diritto al nome ha assunto nel tempo una dimensione sempre più privatistica, esso invero non è più solo una proiezione verso l’estero della propria identità giuridica con la quale ci si rapporta nei confronti dello Stato, ma condensa altresì e soprattutto la propria identità personale e sociale, ovvero il modo in cui vogliamo apparire all’esterno.
Il diritto al nome è, dunque, un riflesso del diritto all’identità, tutelato per il tramite dell’art. 2 cost., ovvero del diritto di ognuno a che la proiezione sociale della propria personalità non subisca travisamenti di sorta, in modo da essere descritti e percepiti verso l’esterno esattamente nella maniera in cui ci si sente.
Per quanto riguarda i minorenni, il cognome rappresenta poi la trasmissione dell’intera storia familiare del genitore che riconosce il figlio e se ne prende cura. Ecco perché la Corte Costituzionale ha ritenuto che l’automatica attribuzione del cognome paterno sia ormai un obsoleto retaggio patriarcale. Ora, pertanto, al momento della nascita non solo è possibile trasmettere entrambi i cognomi, ma è altresì lecito attribuire il solo cognome materno.
Per chi è nato prima del recente arresto giurisprudenziale resta comunque l’alternativa del cambio cognome mediante istanza al Prefetto, formulata dai genitori di comune accordo in caso di minorenni. Qualora tra i genitori vi fosse un aperto dissenso sulla questione si rende necessario adire il Tribunale affinché lo stesso decida secondo la logica del miglior interesse del bambino.
Al di fuori di questa specifica circostanza, è comunque sempre possibile, in presenza di comprovate ragioni, adire il Prefetto per chiedere il mutamento del proprio nome e/o cognome quando si ritiene che essi non rispecchino pienamente la propria personalità.
Emblematico il caso di persone vittime di violenza o maltrattamenti da parte dei propri genitori che ottengono dal Prefetto l’autorizzazione al cambio cognome; oppure di figli di persone dedite alla malavita il cui cognome viene immediatamente associato a contesti delinquenziali dai quali gli stessi richiedenti si sono tuttavia affrancati e per cui preferiscono recidere qualsiasi legame anche attraverso il cambio cognome.
Merita menzione, infine, l’istanza avanzata da una madre quale unico genitore esercente la responsabilità genitoriale, in quanto il padre era decaduto, con la quale, nell’interesse del figlio preadolescente, chiedeva la sostituzione del cognome del padre con il proprio. Ebbene, il Prefetto ha accolto tale istanza valorizzando anche la volontà del minore. Nei procedimenti amministrativi per il cambio cognome, i minori non possono presentare direttamente la domanda, tuttavia, la loro volontà, specie in presenza di ragazzi e non di infanti, viene comunque valorizzata in quanto trattasi di soggetti portatori di specifici diritti personali, i quali devono essere salvaguardati e adeguatamente tutelati, e non di semplici oggetti destinarti di una mera tutela e protezione spersonalizzata che non tiene in debito conto gli aneliti di ciascuno.
É pertanto ormai indiscusso e palese anche a livello sociale quanto statuito dalla Corte Costituzionale, nella cui recente sentenza si legge che il cognome “incarna la rappresentazione sintetica della personalità individuale, che nel tempo si arricchisce personalmente di significati” (Corte Cost. 131/2022).