Nessuna sospensiva dell’efficacia del diniego comunicato dal Comune di Papozze al progetto di installare, nel territorio comunale, in un terreno affacciato sulla strada provinciale 33, una centrale che produca biometano, dalla fermentazione di sottoprodotti zootecnici ed agricoli, in gran parte pollina. Lo ha deciso il Tar di Venezia, valutando il ricorso, con annessa istanza cautelare, della società proponente. Resta quindi in vigore il provvedimento del Comune, tutelato dall’avvocato Matteo Ceruti, promotore della rete professionale Lpteam.
Resta ora in piedi la causa di merito, ma anche sull’esito di questa il Tar, nel valutare la richiesta di sospensiva, ha avanzato pesanti dubbi, sulla possibilità di un accoglimento: “Ad un primo e sommario esame – si legge infatti nell’ordinanza di rigetto – proprio della fase cautelare, il ricorso non appare sorretto da sufficienti prospettive di un esito favorevole, in quanto il capo di motivazione che fa riferimento alla specifica destinazione dell’area appare sufficiente a sorreggere la legittimità del provvedimento impugnato”.
La zona scelta per l’insediamento, infatti, secondo il Piano degli Interventi del Comune, risulta invece destinata a insediamenti “per la trasformazione del prodotto agricolo ed alimentare destinato alla lavorazione e alla sua commercializzazione”. Vocazione non compatibile, secondo questa lettura, con un impianto che, al contrario, in gran parte avrebbe dovuto macerare colture prodotte solo per questo, non a scopo alimentare. Un aspetto che aveva suscitato perplessità anche in Coldiretti.
Da progetto, infatti, la centrale avrebbe dovuto essere alimentata, su base annua, da 19mila tonnellate di pollina, ossia di deiezioni di polli, 14mila di deiezioni bovine, 17mila di sorgo e triticale, colture che sarebbero state finalizzate unicamente a questo impiego, e 6mila tonnellate circa di scarti di altre colture.
I contrari al progetto, Provincia di Rovigo, Arpa Veneto e Ulss 5 avevano individuato anche altre significative criticità, come l’impatto in termini di traffico, di emissioni in atmosfera, anche odorigene, e di smaltimento dei residui (i digestati), che avrebbero dovuto finire spanti sui campi di mezzo Polesine, ma anche nelle province di Venezia, Verona e Ferrara. Per i giudici amministrativi, però, parrebbe sufficiente, a dirimere la questione, la destinazione della zona.
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