Condanne confermate, per i due imputati principali del cosiddetto “Processo Coimpo Bis”, nel quale Lpteam era presente in forze, come parte civile. E’ questo l’esito dell’udienza in Cassazione dello scorso 11 giugno. Tutti i ricorsi presentati, infatti, sono stati dichiarati inammissibili. In particolare, è stato respinto quello delle difese che sollevavano una questione di competenza, a loro avviso del Tribunale Collegiale, piuttosto che monocratico. Un motivo di ricorso che, se accolto, avrebbe potuto portare a un nuovo dibattimento, ripartendo dal primo grado. Al centro del caso, l’attività dello stabilimento “Coimpo – Agribiofert” di Ca’ Emo, Adria, in provincia di Rovigo, oggi non più attivo.
Il capo di imputazione vedeva gli imputati accusati del
Delitto di cui all’art 110 c.p. e all’art. 260 comma 1°, del D. L. vo 152/2006, perché (…) attraverso plurime azioni, rivelatrici di un medesimo disegno criminoso, con l’allestimento di mezzi e di attività continuative presso impianto ubicato in località Ca Emo, via America n. 4, del Comune di Adria (Ro), gestivano, ricevevano, cedevano e trasportavano, in concorso materiale e morale tra di loro, abusivamente ingentissime quantità di rifiuti speciali non pericolosi (fanghi civili ed agroindustriali ed altri rifiuti speciali) che non venivano sottoposti alle regolari e corrette procedure di recupero per la formazione di fertilizzante e di fango stabilizzato da distribuire in campagna, cosi come previste dalle autorizzazioni alla gestione di rifiuti rilasciate dalla Amministrazione provinciale di Rovigo, da ultime l’autorizzazione 3463 del 12.12.2013 in capo a C0.IM.PO. S.r.. e l’autorizzazione n. 346l del 12.12.2013 emessa in favore di Agri.bio. fert. Correttivi s.r.l., con successivo illecito Smaltimento su suolo.
Il volume dei rifiuti gestiti viene indicato in:
-anno 2013: sono state complessivamente ricevute 95.855 tonnellate, che gli elementi raccolti portano a ritenere come gestiti e smaltiti, in misura elevata, in forma illecita (quantomeno ciò emerge per almeno 50.000 metri cubi di rifiuti smaltiti come fertilizzante);
– anno 2014: nel corso del quale sono giunte in impianto almeno 81.104 tonnellate; di queste, nel solo periodo dal 26.08.2014 al 22.09.2014, ton. 3.952 sono state gestite illecitamente nella fase di ingresso, altre ton. 5.121 sono invece state smaltite irregolarmente su terreni agricoli, per un totale di 9.073 ton. di rifiuti gestiti,
– anno 2015: risultano pervenute in CO.IM.PO Srl oltre 34.000 tonnellate di rifiuti, di cui 5.186 tonn. gestite illegalmente in fase di ingresso nel solo periodo dal 05.11.2015 al 31.12.2015 in quanto stoccati in aree non autorizzate (180 t.), ammassati in bacini destinati ad ospitare rifiuti dal diverso stato fisico palabile anziché liquido, 121 t), avviati direttamente all’operazione di recupero invece che alla prevista messa in riserva (4.611 L), riversati direttamente nella vasca contenente i fanghi stabilizzati pronti per la distribuzione in campagna (274 t.);
– anno 2016: nei primi sette mesi dell’anno, malgrado i ridotti volumi di rifiuti movimentati, si registrano operazioni irregolari in entrata per 1.747 tonnellate di rifiuti, di cui 98 ton. Stoccate in aree non autorizzate, 36 ton. ammassate in bacini destinati ad ospitare altre tipologie di rifiuto, ben 1.613 ton. riversate direttamente nelle vasche contenenti i fanghi stabilizzati pronti per la distribuzione in campagna dalle quali, poi, sono state prelevate ed avviate all’utilizzo in agricoltura 1.054 ton. di fanghi, ritenuti perciò non correttamente trattati; le uscite irregolari si integrano con altre 208 ton. di rifiuti non stabilizzati né analizzati in alcuna maniera avviati alla distribuzione in agricoltura, circa 84 tonnellate di fanghi stabilizzati che non sono state appositamente dichiarate nella documentazione redatta in quanto eccedenti i limiti di distribuzione ammessi, nonché da circa 1.249 tonnellate di rifiuti che, per caratteristiche analitiche, non potevano essere smaltite alla maniera di fertilizzante come invece accaduto, per un totale quindi đi oltre 2.595 tonnellate di rifiuti smaltite illecitamente in agricoltura. Complessivamente, quindi, la somma dei rifiuti gestiti in forma irregolare nei primi sette mesi del 2016 è stimato in oltre 4.342 tonnellate;
Il tutto al fine di conseguire un ingiusto profitto, che si concretizzava principalmente, tanto per Coimpo Srl, quando per Agribiofert Correttivi s.r.l., in risparmio dei costi di lavorazione dei rifiuti, di fatto non eseguita o compiuta in dispregio delle norme di legge, e delle prescrizioni delle autorizzazioni d’esercizio, oltre ad una economia per Coimpo Srl sui costi di conduzione dei terreni su cui distribuire la quantità di rifiuti trattati, che, invece, venivano riversati, perlopiù in modo clandestino, camuffati da fertilizzante o fango stabilizzato, sui terreni disponibili in quantitativi di molto superiori a quelli fissati dalle norme.
In Adria (RO), ncl corso degli anni 2013, 2014, 2015, 2016 e fino al 10.12.2017.
Questa la contestazione, che aveva retto sia in primo grado che in Appello.
Al momento del ricorso per Cassazione, la difesa dei due imputati principali, individuati come i vertici societari dei due stabilimenti la cui attività veniva contestata, come argomento principale aveva sollevato appunto, quello di competenza, con il quale i ricorrenti lamentavano “il difetto di attribuzione al Tribunale di Rovigo in composizione monocratica, anziché in favore del medesimo tribunale in composizione collegiale”. Se il motivo di ricorso fosse stato accolto, il dibattimento sarebbe verosimilmente ripreso dal primo grado, di fronte, appunto, al Collegio del Tribunale di Rovigo.
A fondare questa richiesta, ovviamente secondo le difese, l’asserita connessione tra il delitto contestato in questo procedimento e il reato associativo ex art. 416 c. p.
Da parte delle parti civili Lpteam, chiaramente è stato massimo lo sforzo messo in campo per contrastare questo motivo di ricorso, proprio alla luce delle conseguenze, estremamente impattanti, che avrebbe avuto per il procedimento. Alla memoria di parte civile hanno lavorato, quindi, gli avvocati Carmelo Marcello e Matteo Ceruti; nei primi due gradi di giudizio era stato determinante anche l’apporto dell’avvocato Marco Casellato, a sua volta componente della rete professionale Lpteam.
Determinante, quindi, lo sforzo fatto dalle parti civili, alla luce anche del fatto che già in Appello il procuratore generale aveva aderito a questo motivo di censura sollevato dagli imputati, per quanto poi, in quella sede, come poi in Cassazione, fosse passata la linea sostenuta dalle parti civili.
“Le argomentazioni prospettate dai ricorrenti – scrive la memoria difensiva delle parti civili – non colgono nel segno ove si tenga conto che nel momento in cui le Difese degli imputati avevano sollevato la questione al giudice di primo grado (udienza del 17 luglio 2018), il Tribunale di Rovigo non aveva a disposizione alcun elemento per ritenere sussistente – IN CONCRETO – l’asserita connessione tra il delitto contestato in quel procedimento, ovvero l’art. 260 D.lgs. 152/2006 (oggi art. 452-quaterdecies c.p.), e il reato associativo ex art. 416 c.p. contestato in altro procedimento. Ed infatti, il decreto che disponeva il giudizio immediato recava un addebito (il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) scevro da qualunque riferimento ad una presunta continuazione e/o connessione teleologica ex art. 12, comma 1, lett. c) c.p.p. con l’art. 416 c.p. In ogni caso, e a tutto voler concedere, l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. del p.p. n. 2203/2018 RGNR, esibito dalle difese al giudice di Rovigo a preteso fondamento dell’eccezione allora proposta, includeva una mera contestazione provvisoria in relazione alla quale non era stata nemmeno esercitata l’azione penale da parte del Pubblico ministero. La richiesta di rinvio a giudizio nel p.p. n. 2203/2018 RGNR, infatti, interverrà soltanto successivamente, in data 17 settembre 2018, ed il conseguente avviso di fissazione dell’udienza preliminare verrà notificato alle parti soltanto il 22 novembre 2018; in epoca, quindi, successiva alla proposizione e alla decisione della suddetta questione preliminare da parte del Tribunale di Rovigo. Ma soprattutto v’è da ricordare che l’ipotesi associativa che, secondo la prospettazione difensiva avrebbe dovuto determinare l’attribuzione al Pag. 3 di 4 Tribunale di Rovigo in composizione collegiale, veniva a cadere all’esito dell’udienza preliminare del 30 maggio 2019. Ecco perché il Giudice di primo grado, nell’ordinanza con cui ha respinto l’eccezione sollevata dagli imputati, parla di “eventuale connessione” tra i medesimi reati, essendo questa sempre stata prospettata dalle Difese degli imputati in via del tutto astratta ed apodittica. Ed ecco perché la Corte d’Appello, correttamente, ritiene che il momento decisivo per individuare l’attribuzione sia quello non della richiesta di rinvio a giudizio, ma del decreto che dispone il giudizio, all’esito dell’udienza preliminare”.
All’esito dell’udienza dello scorso 11 giugno, i giudici della Cassazione hanno giudicato inammissibili i ricorsi, confermando, quindi, a carico dei due imputati, la condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione, così come le statuizioni civili in favore delle parti civili. In aggiunta, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento di 3mila euro ciascuno a favore della cassa delle ammende.