L’avvocato Carmelo Marcello, componente della rete professionale Lpteam, ha assistito il socio di alcune società di capitali in un procedimento penale che vedeva imputato del reato di infedeltà patrimoniale l’amministratore che aveva posto in essere, secondo le contestazioni, uno sviamento di fondi a danno delle società e del socio.
Il procedimento era stato avviato a seguito della denuncia-querela presentata dal socio.
Il Tribunale di Ferrara (sent. 15.1.2020, Pres. Tassoni, est. Franceschetti), nel condannare l’imputato per il reato a lui ascritto, ha accolto l’impostazione secondo cui il delitto di infedeltà patrimoniale può essere commesso anche dall’amministratore di fatto che agisca in conflitto di interessi con la società.
Ciò sull’evidente presupposto che l’art. 2639 del c.c., nell’operare una equiparazione, ai fini sanzionatori, tra i soggetti formalmente investiti della qualifica o della funzione e coloro che questa qualifica o funzione esercitino in via meramente di fatto, si riferisce, espressamente, a fattispecie configuranti reato, per cui il delitto di cui all’art. 2634 è incluso in questa equiparazione.
Di rilievo anche l’affermazione del Tribunale, in linea con la prevalente giurisprudenza di legittimità, secondo cui la legittimazione alla proposizione della querela per il reato di infedeltà patrimoniale dell’amministratore spetta non solo alla società nel suo complesso ma anche – e disgiuntamente – al singolo socio e ciò in quanto la condotta dell’amministratore infedele è diretta a compromettere le ragioni della società, ma anche, principalmente, quelle dei soci o quotisti della stessa, che per l’infedele attività dell’amministratore subiscono il depauperamento del proprio patrimonio.