Appuntamento al 22 marzo, quando il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Vicenza dovrà esaminare, in due udienze, calendarizzate in successione e con una richiesta di unificazione dei relativi procedimenti avanzata dalla Procura sullo sfondo, il caso Pfas, che ha avuto risonanza mondiale. Una inchiesta seguita con attenzione dalla rete professionale Lpteam, presente, a tutela delle parti civili, con ben tre avvocati.

Oltre che sulla richiesta di rinvio a giudizio, il Gip dovrà pronunciarsi sulla richiesta della Procura di Vicenza di riunire i due filoni della maxi inchiesta. Nel filone principale sono state numerose le parti civili costituitesi e ammesse, nel corso dell’udienza dello scorso 20 gennaio: in primo luogo 95 persone offese, sia le Mamme No Pfas, in rappresentanza dei figli, sia altri genitori che, pur non facendo parte dell’associazione, sono comunque preoccupati per i figli minori, per quelli che potrebbero essere su di loro gli effetti a lungo termine di questi inquinanti penetrati nella rete idrica: tutte persone residenti nella “zona rossa” di maggiore contaminazione che si sono sottoposte allo screening con esiti di contaminazione del sangue ai Pfas.

A rappresentarli gli avvocati Cristina Guasti e Matteo Ceruti, di Rovigo, e Marco Casellato di Adria. Tutti facenti parte della rete professionale Lpteam. Il filone principale è quello che riguarda i reati che sarebbero stati compiuti sino al 2013. Il secondo filone, invece, riguarda i reati ambientali (oltre a Pfas ci sono GenX e C6o4) dal 2013 al 2017. In questo secondo filone sono ipotizzati anche reati fallimentari, ossia relativi all’ipotesi di bancarotta. E’ quello per il quale la Procura di Vicenza ha chiuso le indagini recentemente, domandando la fissazione dell’udienza preliminare e la riunione con quella già in corso.

All’udienza dello scorso 25 gennaio, dopo l’ammissione delle parti civili e la citazione del responsabile civile, è stato disposto, appunto, il rinvio all’udienza del prossimo 22 marzo. Il procedimento penale, che ha avuto enorme eco mediatica, è quello relativo alle sostanze che avrebbero avvelenato l’acqua di una delle falde idriche più grandi d’Europa nelle province di Vicenza, Verona e Padova, provenienti da una azienda di Trissino.

Procedimento penale che coinvolge 13 imputati e l’azienda Miteni. Le accuse ipotizzate sono pesanti: disastro e avvelenamento delle acque. Quest’ultima fattispecie prevede, in caso di rinvio a giudizio, la competenza della Corte d’Assise. Secondo la tesi accusatoria, residui di lavorazione dell’azienda sarebbero filtrati sino a portare all’avvelenamento della falda acquifera.

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