Il ricorso straordinario al presidente della Repubblica è stato trasposto in un procedimento avanti al Tar di Venezia: sarà, quindi, in questa sede che verrà discusso il ricorso presentato da Legambiente Nazionale, Italia Nostra Onlus, Organizzazione di volontariato per la riduzione dell’impatto ambientale dell’aeroporto di Treviso, tutti assistiti dall’avvocato Matteo Ceruti, promotore della rete professionale Lpteam.
A venire impugnato, con richiesta di annullamento, è il decreto 104 del 24 marzo 2021, emesso dal ministero della Transizione ecologica, di concerto con il ministro della Cultura, che esprime un giudizio positivo di compatibilità ambientale sullo “strumento di pianificazione e ottimizzazione al 2030” dell’aeroporto Canova di Treviso. Si tratta, in buona sostanza, di un piano di ampliamento, sia dal punto di vista della superficie interessata che del traffico aereo ospitato, presentato da Enac, ossia l’ente nazionale per l’aviazione civile. Non solo: a venire impugnati sono anche altri atti presupposti e pareri, in particolare la pronuncia della Commissione tecnica di verifica statale dell’impatto ambientale Via e Vas.
Il ricorso straordinario al presidente della Repubblica era stato presentato il 31 agosto e la prevedibile opposizione dei resistenti ha portato alla trasposizione del giudizio di fronte al Tar Veneto. Il ricorso è stato notificato ai due ministeri della Transizione ecologica e della Cultura, a Enac ed alla società che gestisce l’aeroporto di Treviso, in qualità di resistenti e controinteressati, nonché anche alla Regione del Veneto per notizia.
Il ricorso si articola in vari motivi di censura, tutti, comunque, accomunati da un medesimo assunto di base: l’istruttoria finalizzata al rilascio della Via ministeriale sarebbero gravemente lacunosi nelle parti in cui avrebbero dovuto valutare accuratamente l’impatto ambientale provocato dalla proposta di ampliamento dell’aeroporto con particolare riferimento alle tematiche del rumore, della qualità dell’aria, della sicurezza e della salute delle comunità residenti.
Sul fronte dell’inquinamento acustico – questione ovviamente fondamentale quando si parla di uno scalo aeroportuale – si sarebbe considerata solamente la zona del cosiddetto “intorno aeroportuale”, trascurando del tutto le zone, fortemente urbanizzate, che pure risultano interessate dall’ampliamento in questione. Persino in sede di prescrizioni, argomenta il ricorso, si sarebbero date indicazioni sui cosiddetti “recettori” (in parole povere le case abitate), con proposte di cappotti isolanti, barriere vegetali e simili, mentre si sarebbe completamente trascurato l’aspetto fondamentale, ossia la valutazione e la riduzione dell’inquinamento acustico alla fonte. Si sarebbe così completamente perso di vista il diffuso superamento dei limiti fissati dalla normativa di riferimento.
Altra carenza della procedura di Via analizzata e censurata dal ricorso è quella relativo all’impatto del progetto sulla qualità dell’aria. Su questo fronte, quindi, su un quadro di mancanza, a oggi, di uno studio serio e completo dell’inquinamento atmosferico provocato dall’attività attuale dello scalo, si è innestata una istruttoria che avrebbe gravemente sottostimato non solo l’aumento del traffico aereo, ma anche l’impatto che questo avrebbe in termini di inquinamento atmosferico. Si sarebbe omesso, tra l’altro, di trattare proprio la componente maggiore di questo inquinamento, proveniente dagli scarichi degli aerei e il modello presentato avrebbe addirittura errori grossolani per quanto concerne la direzione prevalente dei venti.
Altrettanto carente sarebbe la situazione per quanto riguarda la valutazione dell’impatto dell’ampliamento dello scalo aeroportuale sulla salute umana. A questo proposito, infatti, non solo mancherebbero dati epidemiologici essenziali, come l’identificazione della popolazione target, studi sulla mortalità e sulla morbilità, ma sarebbero stati omessi anche passaggi ed approfondimenti importanti, laddove ormai, argomenta il ricorso, “risulta consolidato in letteratura che le popolazioni che vivono in prossimità degli aeroporti sono esposte per lunghi periodi ad inquinamento acustico ed atmosferico generato dalle attività aeroportuali, per cui numerosi studi hanno dimostrato come queste popolazioni siano a maggiore rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, respiratorie, neoplastiche…”. Nonostante tutto questo, prosegue il ricorso, non è arrivato, dalla commissione Via – Vas, quel giudizio di inadeguatezza che ci si sarebbe atteso a fronte delle carenze progettuali rilevate.
Il ricorso tratta, quindi, la questione della sicurezza aeroportuale, in particolare dal punto di vista del cosiddetto “Wildlife strike”, ossia l’impatto con volatili, singoli o in stormo, fenomeno che può avere conseguenze devastanti. In questo caso, la contestazione che viene mossa, sia alla documentazione presentata dai proponenti, che all’istruttoria della Commissione Via, è quella di avere, sostanzialmente, demandato quegli studi che dovrebbero essere parte essenziale della procedura di Via a una fase successiva. Come, però, la normativa di riferimento non consente di fare.
Ancora, il ricorso analizza la questione della compatibilità del progetto di ampliamento con la tutela dei Siti Natura 2000, ossia protetti, circostanti l’area interessata, vale a dire il parco naturale regionale del fiume Sile e il sito di importanza comunitaria “Fiume Sile dalle sorgenti a Treviso Ovest”. Il tutto partendo dall’assunto fondamentale, fissato dalla normativa, secondo il quale “Le autorità nazionali competenti autorizzano un’attività sul sito protetto ‘solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito Natura 2000’ e ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di questi effetti’”. Certezza che, tuttavia, sarebbe del tutto mancante, alla luce delle lacune nella documentazione prodotta.
Infine, chiude il ricorso, le medesime lacune sarebbero da individuare nella omessa valutazione degli effetti cumulativi, quanto a impatto ambientale, del progetto proposto.
A supportare il ricorso, ci sono anche due corposi studi tecnici: il primo del consulente acustico dott. Andrea Tombolato, il secondo rappresentato dallo studio Terra Srl. La prima consulenza, in particolare, si sofferma sulle gravissime carenze, sia della documentazione consegnata dai proponenti, sia della istruttoria Via – Vas, in relazione alla valutazione dell’inquinamento acustico e alle azioni da intraprendere per mitigarlo. Lo studio Terra Srl (a firma del dott. Marco Stevanin, esperto in materia di impatto ambientale, con l’apporto di altri professionisti), invece, si concentra sulle problematiche e le lacune, insite nel progetto e nell’istruttoria, relative alla qualità dell’aria e degli altri impatti che l’ampliamento avrebbe sulla salute delle popolazioni residenti nell’area interessata.
In particolare, a quest’ultimo proposito, gli epidemiologi prof Fabrizio Bianchi (già direttore dell’Istituto di Fisiologia clinica del CNR di Pisa) e dott. Gabriele Donzelli hanno evidenziato con chiarezza come siano mancanti dati fondamentali per una corretta analisi, con problemi nella identificazione della popolazione residente, nella attualità dati di mortalità, nelle lacune in quelli sui ricoveri ospedalieri.