La Suprema Corte di Cassazione si è interrogata sulla sussistenza del reato di trasferimento fraudolento di valori nell’ipotesi in cui l’indagato, sottoposto a procedimento di prevenzione continui a gestire l’azienda sottoposta a sequestro agendo in sintonia con il soggetto ritenuto fittiziamente interposto.
In sintesi, l’indagato – sottoposto a misura di prevenzione – era accusato della violazione dell’articolo 12 quinquies d.l. 306/1992, perchè ritenuto “socio occulto” di una società il cui formale legale rappresentante era considerato fittiziamente interposto.
Va precisato che l’indagato si è difeso sostenendo: di aver prestato nell’interesse dell’azienda in sequestro solo attività di mera collaborazione tecnico-commerciale a titolo gratuito; la titolarità di terzi dell’azienda era antecedente alla predetta collaborazione; di non essere intestatario di quote societari.
Gli Ermellini, per risolvere la questione, hanno fatto riferimento ad un precedente orientamento giurisprudenziale secondo il quale, commette il reato di cui all’art. 12 quinquies d.l. 306/92, “la persona sottoposta a procedimento di prevenzione, titolare un’azienda tratta in sequestro, che si adoperi per continuare a gestire la predetta azienda attraverso interposizione fittizia di un soggetto fittiziamente interposto, il quale stipuli un contratto di affitto di ramo d’azienda con l’amministrazione giudiziaria preposta alla gestione del bene”.
Secondo la Cassazione, per analogia, a conclusioni non dissimili si dovrà giungere per il caso in esame.
Pertanto, dovrà rispondere del reato di trasferimento fraudolento di valori il soggetto che, sottoposto a misura di prevenzione, continui a gestire la predetta azienda “agendo in sintonia con il soggetto interposto”, fornendo una assidua opera di sostengo all’attività d’impresa (rispetto alla quale sarebbe solo apparentemente estraneo), “finalizzata al raggiungimento di scopi necessariamente comuni, tanto da consentire l’enucleazione di una situazione di co-gestione di fatto”.
Avv. Pasquale Longobucco