L’avvocato Marco Casellato di Rovigo, componente della rete professionale Lpteam, ha ottenuto l’assoluzione per il proprio assistito, un imprenditore edile, dall’accusa di avere commesso un reato ambientale in relazione al trasporto, ai fini dello smaltimento, di inerti edili classificati come rifiuti. Il procedimento si è svolto di fronte al Tribunale Monocratico di Rovigo, a seguito dell’opposizione di un decreto penale di condanna.
A monte dei fatti, la cessazione dell’attività, con cancellazione dal registro delle imprese, di una prima società. A seguito dei controlli fatti scattare da Arpav nel sito di questa azienda, nel territorio comunale di Rovigo, sarebbero emersi ancora numerosi materiali, inerti da costruzione, da smaltire, nell’ordine di circa 300 metri cubi. Da qui il coinvolgimento dell’impresa dell’assistito dell’avvocato Marco Casellato.
I medesimi controlli di Arpav avrebbero confermato il possesso, in capo a questa, di tutte le autorizzazioni, le dotazioni e gli impianti necessari, fatta eccezione per l’autorizzazione al trasporto per conto terzi, in relazione al vettore utilizzato. Da qui il decreto penale di condanna, opposto, per il seguente capo di imputazione, contesta il
“reato p. e p. dall’art. 256, comma 1, lett. A), del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, perché, in qualità di legale rappresentante dell’impresa individuale (Omissis) nell’esercizio di un’attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi – inerti da demolizione e/o costruzione – A.U.A. Determinazione Provinciale (omissis) del (omissis), provvedeva al trasporto dei rifiuti speciali non pericolosi (nella specie: rifiuti misti da attività di costruzione, manutenzione e demolizione), prodotti presso l’impianto della ditta (Omissis) sito in Rovigo via (omissis), mediante un autocarro non specificamente abilitato al trasporto dei rifiuti in conto terzi.
Accertato in Rovigo, il 20/09/2022″.
L’opposizione del decreto penale di condanna ha portato a un processo dibattimentale ordinario, di fronte al giudice monocratico, con le parti che, comunque, hanno rinunciato a gran parte dei testi, fatta eccezione per l’ufficiale di pg dell’Arpav da sentire in relazione alla notizia di reato e al primo dei due imprenditori, quello che decise poi di avvalersi dei servizi dell’imputato, per completare la bonifica del proprio sito.
Sono quindi emerse due circostante fondamentali, adeguatamente valorizzate dall’avvocato Casellato nel corso del dibattimento e della discussione. In primo luogo, come testimoniato dal primo imprenditore, l’accordo raggiunto tra i due includeva anche il passaggio di proprietà dei rifiuti, appetibili per un imprenditore edile in quanto suscettibili di riutilizzo, cosicché non si potrebbe più parlare di trasporto per conto terzi. Non solo: pochi giorni dopo i fatti, sarebbe anche entrata in vigore una nuova normativa, dirimente in relazione al fatto in questione.
L’avvocato Casellato ha infatti prodotto in giudizio il Decreto del Ministero dell’ambiente e della Sicurezza Energetica n. 127 del 28 giugno 2024 – rubricato “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione, altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152/2006” – secondo cui gli inerti da costruzione (Codice CER 170904), cessavano di essere qualificati come rifiuto, essendo invece classificati come aggregato recuperato.
Entrambi i rilievi sono stati fatti propri dal giudice, nelle motivazioni della sentenza di assoluzione.
“Tra le due ditte – scrive infatti il giudice – era intercorso un accordo secondo cui alla rimozione del materiale (inerti da costruzione) ne sarebbe seguito l’acquisto da parte dell’impresa (omissis), per la lavorazione presso il proprio sito”.
In relazione al secondo punto, ossia la nuova normativa, il giudice rileva che:
“Questione assolutamente pregiudiziale rispetto alla odierna contestazione è quella della qualificazione dell’oggetto materiale della condotta in termini di autentici rifiuti. Sul punto, come correttamente rilevato dalla difesa dell’imputato, occorre tenere conto della sopravvenienza – rispetto al momento dell’accertamento del fatto – del Decreto del Ministero dell’ambiente e della Sicurezza Energetica n. 127 del 28.6.2024 (rubricato “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione, altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152/2006). Il menzionato testo normativo riporta i criteri in virtù dei quali gli inerti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione di edifici cessano di essere considerati rifiuti per essere qualificati come “aggregato recuperato”, rinviando, allo scopo, all’Allegato 1 (cfr. artt. 1, 2, 3). Tale Allegato prevede che, per la produzione di aggregato recuperato, sono utilizzabili esclusivamente i rifiuti riportati nella Tabella 1, la quale, per quanto qui di interesse, al punto 1, annovera i rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, contrassegnati (tra gli altri) dal codice 170904.”
Questo proprio in ragione delle “appetibilità” di questi materiali sul mercato edile, fondamentali per il riciclo e il riutilizzo.
Da qui, la sentenza di assoluzione “Perché il fatto, così come contestato, non sussiste”.