Quattro anni e sette mesi di reclusione, oltre a una provvisionale da 10mila euro da versare alla vittima, costituita parte civile nel processo con l’avvocato Marco Casellato di Rovigo, componente della rete professionale Lpteam. Questa la sentenza pronunciata giovedì 2 febbraio dal Collegio del Tribunale di Rovigo a carico dell’imputato.
La ricostruzione dell’accusa ipotizzava un vero e proprio inferno in famiglia, attraversato dalla giovane donna, presa di mira dall’allora compagno. Due le ipotesi di reato formulate dalla Procura, che aveva chiesto e ottenuto il giudizio immediato. In primo luogo, i maltrattamenti. La vittima sarebbe stata offesa, umiliata, picchiata con calci e pugni, anche di fronte ai figli minori, costretta a versare lo stipendio al compagno, nullafacente. Queste le contestazioni contenute nel capo d’imputazione.
“Perché, quotidianamente per motivi di gelosia – recita il capo di imputazione – maltrattava la sua compagna, con cui ha convissuto dal novembre 2019 al febbraio 2021, offendendola ed umiliandola, chiamandola sempre ‘puttana’, anche di fronte ai figli minori della donna, accusandola di avere interesse per altri uomini e picchiandola con calci e pugni; inoltre la sfruttava economicamente costringendola a dargli i soldi dello stipendio (visto che lui era nullafacente)”.
Quindi, le lesioni personali.
“Perché, in occasione della commissione del delitto di cui al capo che precede, con la condotta meglio descritta alla lett. b), cagionava alla compagna convivente lesioni personali consistite in ematomi sulle braccia e sul volto dalle quali derivava una malattia nel corpo giudicata guaribile in giorni 7 (sette). Condotta aggravata per essere stata commessa in occasione della commissione del delitto p. e p. dall’art. 572 c.p.”.
I fatti si sarebbero verificati tra 2019 e 2021.
Alla scorsa udienza, a novembre, la vittima aveva ripercorso quel periodo tremendo. Il compagno, come detto, avrebbe preteso la consegna degli stipendi, non facendo nulla, minacciando in continuazione la giovane, vietandole di “farsi le unghie”, offendendo lei e i genitori di lei, anche con minacce di morte. Sarebbe stato affetto da una gelosia morbosa, che lo avrebbe portato a insultare, minacciare e picchiare la giovane anche qualora lei, a suo avviso, avesse semplicemente “guardato un uomo”. In una circostanza la avrebbe costretta a denudarsi per poi filmarla col cellulare chiamandola “puttana”. La avrebbe picchiata dopo un rapporto sessuale, sostenendo che stesse pensando a un altro. Erano numerosissimi, i comportamenti compresi nel capo di imputazione che descrive i maltrattamenti.
Nella costituzione di parte civile, in particolare, si domandava il risarcimento non solo dei pesantissimi danni non patrimoniali, ma anche di quelli patrimoniali, appunto conseguenti la richiesta di essere mantenuto e la costrizione di farsi consegnare gli stipendi. La richiesta risarcitoria era di 50mila euro, per ora è arrivata una corposa provvisionale, in attesa della quantificazione definitiva.
Il collegio ha disposto anche la trasmissione degli atti alla Procura, affinché valuti se, nella deposizione di un teste della difesa, siano ravvisabili gli estremi della falsa testimonianza.