Un parere degli avvocati Cristina Guasti, componente della rete professionale Lpteam, e Gina Cappato, che esamina, anche alla luce della recente giurisprudenza, una questione sempre più attuale, alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione.
Accade ormai sempre più frequentemente, anche in ragione dell’aumento dell’aspettativa media di vita, che un anziano genitore ceda, in cambio di assistenza, l’intero ammontare dei propri beni alla persona che si sta prendendo maggiormente cura di lui in quel preciso momento.
L’istituto giuridico adoperato per questa operazione economica è quello del contratto atipico di vitalizio assistenziale. Si registrano sempre più casi in cui tale negozio viene stipulato, per esempio, tra un ultra ottantacinquenne e il soggetto deputato alla sua cura o il parente affettivamente più vicino.
Lo svuotamento del patrimonio desta comprensibilmente non poche preoccupazioni negli eredi del vitaliziato, alla morte del quale rischiano di non ricevere nulla in eredità. Non solo: i timori insorgono anche a causa della dubbia genuinità del consenso manifestato da un soggetto fragile che può facilmente essere circuito o comunque manipolato[1].
Tuttavia, prima ancora di indagare la presenza o meno di vizi del consenso, è opportuno verificare se il contratto sia effettivamente valido ed efficace o non sia piuttosto nullo.
Il contratto di vitalizio assistenziale, invero, è un contratto atipico non espressamente disciplinato dal Codice Civile, ma ritenuto comunque meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. Esso si caratterizza per la presenza di una marcata componente aleatoria, ancor più accentuata rispetto a quella prevista per la tipica rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c. Senza la componente di rischio il negozio è nullo per difetto di causa, poiché il trasferimento del patrimonio non ritroverebbe un’adeguata giustificazione.
Con il vitalizio assistenziale, il vitaliziato (l’anziano genitore nel nostro esempio) cede determinati beni mobili e/o immobili ad un terzo, solitamente si tratta del soggetto che si sta prendendo cura dell’anziano, in cambio della prestazione, per tutta la durata della vita, di alloggio, vitto, vestiario, medicinali, assistenza anche medica e quanto altro necessario per un’agiata esistenza. Ci si allontana così dalla classica rendita vitalizia, dove a fronte della cessione di beni immobili, il vitaliziante è tenuto solamente a corrispondere un assegno periodico.
Nel vitalizio assistenziale atipico vi è una marcata componente fiduciaria tanto che le prestazioni di cura sono intuitu personae, non possono, dunque, essere delegate a persona diversa da quella del vitaliziante.
L’aleatorietà del contratto implica che esso possa essere paragonato ad una scommessa, in quanto al momento della stipulazione nessuna delle parti è in grado di comprendere con precisione le prestazioni di cura che si dovranno porre in essere, né l’arco temporale delle stesse.
Affinché il contratto sia valido, al momento della sottoscrizione non deve essere prevedibile chi dei due contraenti si troverà a sostenere economicamente la prestazione maggiormente onerosa così da capire già anticipatamente se si avrà concluso o meno un affare conveniente.
È chiaro che se il vitaliziato è un’anziana persona, e per di più affetta da patologie, è ragionevole prevedere che l’aspettativa di vita residua non sia particolarmente lunga.
Il rischio contrattuale deve essere valutato in ragione del rapporto tra il valore dei beni ceduti e le prestazioni di cura che il vitaliziante è obbligato ad adempiere al momento della sottoscrizione del contratto. Se la persona ha raggiunto una ragguardevole età ed in più è affetto da patologie severe è logico che il terzo a cui sono ceduti i beni possa già comprendere in anticipo, con buona approssimazione, per quanti anni sarà obbligato a prestare cura e assistenza, facendo così venir meno il rischio contrattuale che caratterizza la causa del vitalizio, decretandone pertanto la sua nullità per difetto di causa.
Anche la Giurisprudenza si è espressa in questo senso: recentemente la Corte d’Appello di Venezia (sentenza 1833/2018, confermata in Cassazione con l’ordinanza 32791/2019) ha accertato la nullità di un vitalizio assistenziale stipulato con il nipote da un settantanovenne affetto da emiparesi e lesioni ischemiche per difetto di alea a causa “dell’età del vitaliziato, delle condizioni di salute dello stesso e del valore effettivo dell’immobile ceduto”. La Corte aggiungeva poi “che il vitaliziato aveva già 79 anni, che secondo i dati statistici, rappresentava l’aspettativa media di vita di un maschio italiano”.
La nullità del contratto può essere rilevata da chiunque vi abbia interesse, quindi anche dai figli del l’anziano vitaliziato.
[1]“I percorsi della mente sono talvolta imperscrutabili, ma è assodato che nella vecchiaia il carattere muti e, al venir meno del vigore del corpo, in qualche modo venga meno anche quello della psiche che diventa meno capace di resistere alle persuasioni, alle sollecitudini esterne….anche in assenza di un quadro di decadimento cognitivo rilevante tale da far pensare ad un’infermità, l’anziano può indursi a fare grande affidamento anche su un perfetto estraneo, o meglio una nuova conoscenza, soprattutto se il soggetto che avvicina l’anziano è in grado di carpirne la fiducia. Ecco che la persona anziana è in grado di lasciarsi andare a un investimento affettivo abnorme nei confronti di quella persona” di Cristina Guasti, Fatti imprevisti, ed. Il Seme Bianco.