Un altro processo ambientale di livello nazionale nel quale la rete professionale Lpteam svolge un ruolo di primo piano, sempre come parte civile
, con gli avvocati Matteo Ceruti di Rovigo, promotore della rete, e Marco Casellato, componente della rete. E’ quello che si sta celebrando in tribunale a Savona, di fronte al giudice monocratico, incentrato sul funzionamento della centrale elettrica a suo tempo alimentata a carbone gestita da Tirreno Power a Vado Ligure, località appunto del Savonese, lungo un ampio arco di tempo, dal 2000 al 2014. Un impianto oggi funzionante solo nelle unità a gas (di cui ora la ditta ha recentemente proposto un consistente potenziamento, attualmente sottoposto a VIA  ministeriale), a seguito del sequestro dei gruppi a carbone avvenuto nel 2014.

 L’ipotesi di reato per la quale si procede è quella di disastro colposo. All’inizio il procedimento prevedeva sia un numero di imputati decisamente superiore agli attuali 25, esponenti a vario titolo e con vari ruoli della Tirreno Power, sia una imputazione di disastro doloso. Tra derubricazioni e parziali archiviazioni si è però arrivati all’attuale capo di imputazione, comunque molto complesso e articolato, che mette in relazione l’attività dell’impianto con un aumento della morbilità e della mortalità della popolazione residente nei dintorni, oltre che con altre conseguenze ambientali.

Nel processo, l’avvocato Ceruti rappresenta, come difensore di parte civile, l’associazione “Uniti Per la Salute”, mentre l’avvocato Casellato Wwf.
Il dibattimento è, attualmente, in fase avanzata, con la prossima udienza del 9 febbraio 2021 che è riservata all’esame di alcuni testimoni della difesa delle parti civili, tra cui un ricercatore del CNR di Pisa chiamato a riferire sugli esiti di uno studio epidemiologico di coorte sulla popolazione residente, pubblicato su un’importante rivista scientifica, che ha confermato la criticità sanitaria locale. Chiaramente, uno snodo processuale di fondamentale importanza.

Di seguito, la contestazione della Procura agli imputatiper il delitto di cui agli artt. 434, comma 2 e 449 del Codice penale.

“perché, in cooperazione colposa, nei rispettivi ruoli societari ed aziendali, formali e di fatto, e cioè membri del Consiglio d’Amministrazione e/o del Comitato esecutivo e/o del Comitato di gestione (organismo di fatto, non previsto nello statuto della società), nonché quali vertici delle rispettive direzioni in grado di orientare le scelte operative e strategiche della T.P. (Tirreno Power, ndr) anche partecipando ai comitati di gestione, e per il periodo riferibile a ciascuno (…)

per colpa consistita in imprudenza e/o negligenza e/o imperizia e con violazione di specifiche disposizioni di legge, in particolare D.M. Min. Ambiente 12/07/1990, all. 3 lett. D) punto 1), attuativo del DPR 24 maggio 1988 n. 203, le direttive comunitarie relative al principio di precauzione ed all’utilizzo delle MTD (Migliori Tecnologie Disponibili – BAT Best Available Techniques) 96/61/CE, 2008/01/CE e 2010/75/UE, riprese, integrate ed aggiornate nel D.lgs.18 febbraio 2005 n. 59 e poi nel D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (art. 3ter e art. 301 – principio di precauzione – ed art. 29bis – individuazione ed utilizzo delle migliori tecnologie disponibili-) e/o delle prescrizioni impartite nei singoli provvedimenti autorizzativi di seguito indicati;

 gestivano la centrale Tirreno Power di Vado Ligure e Quiliano (composta da un gruppo a gas a ciclo combinato, derivante dalla trasformazione dei vecchi gruppi a carbone VL1 e VL2, denominato VL5, e dai due gruppi a carbone VL3 e VL4) e , non tenendo in debita considerazione i dati scientificamente validati circa la nocività delle emissioni convogliate e diffuse dal carbone e dalla sua combustione, adottavano le scelte strategiche e le decisioni operative inerenti l’esistenza ed il funzionamento dei gruppi a carbone:


 – omettendo l’adozione di tutte le cautele gestionali ed impiantistiche rese possibili dalle più moderne tecnologie disponibili, idonee, quanto meno, a ridurre gli effetti inquinanti


– non ottemperando alle prescrizioni loro imposte dai provvedimenti autorizzativi 
rilasciati negli anni dal 2001 al 2014, ovvero ottemperandovi solo parzialmente e/o tardivamente come meglio di seguito indicato;

– presentando diverse istanze volte a mantenere in esercizio, senza ambientalizzazione, i vecchi gruppi a carbone (più inquinanti ed il cui funzionamento era destinato a cessare fra il 2018 ed il 2020) il maggior tempo possibile. In particolare:


 A) fino al 14 dicembre 2012, data del rilascio della prima A.I.A., e dopo aver ottenuto il decreto del Ministero dell’Industria Commercio ed Artigianato (MICA) del 23 giugno 1993 ed il provvedimento di non assoggettabilità a VIA del nuovo gruppo a ciclo combinato a gas (VL5) – nota 10541/VIA/A.0.13.B dell’8 ottobre 2001 del Ministero dell’Ambiente, che stabiliva una serie di prescrizioni:

1) formulavano, in data, 28 novembre 2003, una istanza di proroga in relazione all’avvio del nuovo ciclo combinato a gas (VL5) che doveva entrare in esercizio entro il 31/03/2006, per la prima sezione; ed entro il 30/06/2006, per la seconda sezione, ottenendo il decreto n. 10/2004 del Ministero delle Autorità Produttive(che autorizzava la proroga al piano di realizzazione ed entrata in esercizio del turbogas secondo le seguenti tempistiche: inizio lavori entro il 30 aprile 2005, entrata in esercizio del primo turbogas entro il 31 maggio 2007 ed entrata in esercizio del secondo turbogas e della relativa caldaia entro il 31 dicembre 2007) così mantenendo in esercizio i vecchi gruppi VL1 e VL2 per un tempo maggiore rispetto a quello consentito;

2) non ottemperavano a talune prescrizioni, imposte con il provvedimento 10541/VIA/A.0.13.B dell’8 ottobre 2001, ovvero ottemperavano ad altre solo dopo aver presentato istanza per costruire un nuovo gruppo a carbone (il VL6) e, pertanto, era stata avviata la relativa procedura di VIA, nell’ambito della quale sarebbero state concluse le verifiche circa gli adempimenti richiesti a partire dall’anno 2001; nella specie: -non si adeguavano agli obblighi imposti al punto 2 lett. C che prevedeva: “in ogni caso il proponente dovrà adottare le migliori tecnologie per il contenimento delle emissioni di NOx e CO commercialmente disponibili all’atto dell’ordinazione delle apparecchiature”; -non presentavano alla Regione Liguria la relazione annuale sull’andamento delle emissioni se non nel solo anno 2005 (prescrizione 3B); -presentavano alla Regione Liguria una bozza di protocollo per segnalazione dei superi delle emissioni solo in data 26 giugno e 25 settembre 2007 (prescrizione 3A); -inviavano il documento di analisi dei rischi (prescrizione 8) solo nel 2007; -presentavano il progetto relativo all’indagine sulle acque di falda solo nel gennaio 2007 (prescrizione 9); -trasmettevano alla Regione Liguria il progetto relativo al trattamento dei fumi solo il 12 giugno 2007; 

3) gestivano l’impianto senza allinearsi alle MTD (Migliori Tecnologie Disponibili), anche se non ancora recepite nei provvedimenti autorizzativi, ma costituenti obbiettivo generale cui tendere, come definite dal relativo BREF comunitario del luglio 2006, per le emissioni diffuse e per quelle convogliate, non rispettando, per le ultime, i livelli di emissione macroinquinanti (SO2 e CO) e fornivano dati relativi alle emissioni di tutti i macroinquinanti lacunosi ed inidonei a verifiche puntuali e complete circa il rispetto dei valori limite, oltre che comunicati talvolta sulla più favorevole base mensile che non su quella oraria e/o giornaliera;

4) nonostante avessero la possibilità economica, in virtù di ingenti profitti, riferibili alla sola centrale di Vado Ligure, che avevano condotto ad una distribuzione di utili ai soci per diverse centinaia di euro negli anni dal 2006 al 2009 (quando nell’arco di tempo dal 2002 al 2013 la sola centrale aveva contribuito per circa un miliardo di euro al margine operativo della società), non adottavano modalità di gestione della centrale tali da garantire, con opportuni investimenti, un miglioramento delle prestazioni ambientali, con riferimento alle sezioni a carbone, ovvero tali da ridurre i valori emissivi in corso;

5) non provvedevano alla copertura del parco a carbone (Carbonile) corrispondente ad un’area di 50.000 mq con capacità di 300.000 mc di carbone, nonostante plurimi solleciti in tal senso da parte degli enti locali, utilizzando invece metodi di contenimento delle emissioni diffuse scarsamente efficaci, quali il sistema di nebulizzatori per il lancio a distanza di acqua (c.d. cannon fog), già segnalato come inadeguato da più enti locali nel corso delle conferenze di servizi relative all’autorizzazione a costruire il nuovo gruppo VL6;

 6) formulavano, in data 2 aprile 2007, al Ministero dello Sviluppo Economico, istanza volta ad ottenere l’autorizzazione unica a costruire un nuovo gruppo a carbone (VL6), previsto come “caldaia ultrasupercritica”(USC), come tale dalle prestazioni meno inquinanti, e , dopo aver presentato, in data 2 febbraio 2007, domanda volta ad ottenere l’AIA sui preesistenti gruppi, integravano quest’ultima in data 31 gennaio 2012 con l’inserimento del nuovo progetto VL6, senza in realtà accantonare fondi per la costruzione di tale gruppo e senza prevedere la realizzazione dello stesso in un piano industriale, pur avendo contezza, almeno dal 2011, che tale gruppo non sarebbe stato realizzato; così ottenevano un’AIA, in data 14 dicembre 2012, che prevedeva, proprio in vista dell’avvio di tale nuova unità entro 6 anni, una fase transitoria, con il mantenimento in esercizio delle vecchie unità a carbone VL3 e VL4 per altri 6 anni e per ulteriori 3 per una sola delle due a partire dal gennaio 2013 e con limiti emissivi più favorevoli rispetto a quelli che avrebbero ottenuto in assenza di tale progetto, atteso che i vecchi impianti non apparivano migliorabili e non garantivano emissioni allineate ai valori previsti dalle MTD con riferimento alle emissioni convogliate.


B) Dopo aver ottenuto l’AIA n. 227 avente ad oggetto gli esistenti gruppi VL3, VL4 e VL5 ed il futuro gruppo VL6, in data 14 dicembre 2012: 

1) non rispettavano il cronoprogramma previsto dall’AIA, in particolare in relazione all’inizio dei lavori di costruzione del gruppo VL6, quale condizione vincolante per il rilascio di altre prescrizioni di maggior favore nel periodo intermedio;

 2) formulavano, in data 14 marzo 2013, una richiesta di modifica definita come “non sostanziale”, avente ad oggetto l’utilizzo, per l’avviamento degli impianti, di O.C.D. (olio combustibile denso) con tenore di zolfo tra lo 0.3 e l’1%, respinta con provvedimento del 13 dicembre 2013, che, qualificandola, invece, come “sostanziale”, ravvisava la richiesta come fonte di un maggior impatto ambientale ed invitava l’azienda “a conformarsi con immediatezza agli esiti istruttori” e comunque utilizzavano, almeno a partire dal gennaio 2013, O.C.D. (olio combustibile denso) con contenuto di zolfo superiore allo 0.3%, in violazione di quanto prescritto dall’art. 1 del decreto AIA n. 227/2012, in relazione al par. 10.2 del PIC (Parere Istruttorio Conclusivo) allegato alla medesima AIA;

3) in data 11 febbraio 2013 registravano, tramite il sistema di monitoraggio in continuo asservito all’emissione del gruppo 4 (VL4), un valore in concertazione come media oraria del parametro polveri “POL”, pari a 74,262 mg/Nm3 (superiore al limite di concentrazione come media oraria di 20 mg/Nm3 previsto) in violazione di quanto prescritto dall’art. 1 del decreto di AIA 227/2012, in relazione al par. 10 del PCM (Piano di Monitoraggio e Controllo) allegato alla medesima AIA; 

4) in data 16 ottobre 2013 superavano il valore limite di emissione in concentrazione relativamente al parametro “metalli su polveri” ed in particolare per il parametro “cromo e i suoi composti”(valore medio riscontrato su tre campioni di 0,67 mg/Nm3 rispetto al valore limite di 0,5 mg/Nm3) in violazione di quanto prescritto dall’art. 1 del decreto di AIA 227/2012, in relazione al par. 10.3.1 punto 7 del PIC (Parere Istruttorio Conclusivo) allegato alla medesima AIA;

5) dichiaravano, nello studio di fattibilità presentato il 16 aprile 2013, in ottemperanza di specifica prescrizione dell’AIA 14 dicembre 2012, l’impossibilità tecnica ed economica di avviamento a metano delle caldaie dei gruppi di carbone VL3 e VL4, in luogo dell’O.C.D., possibilità che in precedenza era stata presentata come tecnicamente e concretamente realizzabile, ed imposta come obbligo nel provvedimento di VIA (Valutazione Impatto Ambientale) n. 941/2009, confermato e riformulato nell’AIA del 2012, poi dichiarando di nuovo (dopo il sequestro), in data 6 maggio 2014, la realizzabilità della modifica, ancorché solo nella seconda fase di esercizio prevista nella richiesta di nuova AIA;

 6) dichiaravano di aver adeguato lo SME, tra l’altro collocato solo nei condotti orizzontali di adduzione e non anche nel camino E2, come invece prescritto dall’AIA 2012, alla norma UNI EN 14181 (inerente alla calibrazione degli strumenti) pur non avendo effettuato le previste operazioni di QAL2 (Quality Assurance); e conclusivamente e complessivamente attraverso la gestione della C.T.E., provocavano emissioni massiche dei macroinquinanti, in quantitativi pari a quelli indicati nella tabella che segue, riconducibile essenzialmente ad una flessione delle prestazioni ambientali dell’impianto;

così cagionando, con pericolo per la pubblica incolumità, nelle aree di ricaduta della centrale e per cause attribuibili alle predette emissioni, come conseguenza rappresentabile e prevedibile, anche se non voluta, un disastro ambientale e sanitario e nello specifico:

– una grave ed estesa immutatio loci, a causa del deterioramento significativo della qualità dell’aria e delle condizioni della flora, con grave rarefazione della flora lichenica;

 – un eccesso di morbilità e di mortalità, tra la popolazione residente di entità tale da integrare l’evento di disastro sanitario, effettivamente verificatosi, quantificabile in malattie e decessi accertati nella misura che segue:

 1. un numero di 298 ricoveri di bambini per patologie respiratorie ove si considerino le mappe di ricaduta elaborate attraverso modelli matematici, e numero 433 ricoveri ove si considerino le mappe di ricaduta determinate attraverso le campagne di rilevamento del bioaccumulo nei licheni, nel periodo intercorrente tra il 1.1.2005 ed il 31.12.2010, sicuramente attribuibili alle immissioni della centrale, sia come causa esclusiva, sia come concausa prevalente;

 2. un numero di 2161 ricoveri di adulti per malattie cardiovascolari e respiratorie, ove si considerino le mappe di ricaduta elaborate attraverso modelli matematici, e numero 2223, ove si considerino le mappe di ricaduta determinate attraverso le campagne di rilevamento del bioaccumulo nei licheni nel periodo intercorrente tra il 1.1.2005 ed il 31.12.2010, sicuramente attribuibili alle immissioni della centrale, sia come causa esclusiva, sia come concausa prevalente;

 3. un numero di 657 morti per malattie cardiovascolari e respiratorie, ove si considerino le mappe di ricaduta elaborate attraverso modelli matematici, e numero 427, ove si considerino le mappe di ricaduta determinate attraverso le campagne di rilevamento del bioaccumulo nei licheni nel periodo intercorrente tra il 1.1.2000 ed il 31.12.2007, sicuramente attribuibili alle immissioni della centrale, sia come causa esclusiva, sia come concausa prevalente; 

4. un numero di ricoveri e di decessi di entità proporzionalmente equivalente anche negli anni di esercizio successivi

In Vado, Quiliano ed in altri luoghi limitrofi almeno a partire dal 2000/2003 e fino all’11/3/2014.


Questa, appunto, la contestazione della Procura agli imputati.

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