Il contratto tra la S.I.A.E. ed il soggetto incaricato ad agire in nome e per conto della stessa è qualificato come “contratto di mandato” e regolato (in base agli articoli richiamati nel mandato stesso), in base al capo IX sezione prima, del codice civile, dagli articoli 1703 a 1730. Il contratto di agenzia, invece, è regolato dagli articoli 1742 e seguenti (capo X).
La qualificazione giuridica del contratto determina, a cascata, tutte le conseguenze in ragione delle quali il presente studio è predisposto.
La collocazione del reddito del mandatario (agente) S.I.A.E. non trova in alcuna fonte normativa la propria collocazione.
Meglio. La trova in base alla circolare n.83 del 28 marzo 1997.
La circolare è da contestualizzare in base all’esigenza di collocare, proprio in base alla “nascita” della gestione separata di tutte quelle categorie che, per “dimenticanza” legislativa, erano rimaste ai margini della collocazione puntuale dal punto di vista normativo.
Collocazione negli studi di settore: “l’elaborazione dello studio di settore SG99U è stata effettuata utilizzando le informazioni contenute nel questionario SG99, predisposto al fine di mappare tutte le attività residuali, ossia quelle attività nelle quali confluiscono tutte quelle imprese che non hanno trovato collocazione nei codici-attività specifici” ….e di seguito….”in merito alla categoria degli Agenti Mandatari S.I.A.E., compresi nel cluster n.9 dello studio in esame”
A dimostrazione che la qualificazione della categoria trova non univoca e sicura determinazione (infatti “imprese” è evidentemente utilizzato in senso lato, essendo ricompreso nello studio di settore anche il lavoro autonomo).
Ma il “lavoro autonomo” è anche quello dell’agente che, per qualificazione giuridica, ricade poi nella determinazione del reddito come reddito d’impresa.
Occorre però porre mente, pur ricordando la circolare dell’INPS (le circolari sono atti di indirizzo interno che possono essere disconosciuti dalle stesse unità cui sono dirette) che la costruzione e la collocazione del reddito di impresa è da ascrivere alla legge delega n.825 che ha trovato conferma nell’articolo 51 del dpr 597 del 1973 e fino ai giorni nostri nell’articolo 55 del dpr 917/86 sempre identificando la simmetria reddituale con l’articolo 2195 del codice civile.
Sequenzialmente, NON essendo collocabile l’attività svolta in base a mandato (quale è quella dell’incaricato SIAE) tra quelle riconducibili al reddito di impresa, e non essendo stata, nemmeno tramite documenti di prassi, in tale fattispecie reddituale, per esclusione, più che per previsione specifica, l’attività del mandatario SIAE è da collocare tra i redditi di lavoro autonomo.
E’ evidente che sia la definizione dello studio di settore che alcune prese di posizione giurisprudenziali in materia di (non) assoggettabilità ad IRAP non aiutano a dirimere in maniera netta la questione, ma, ribadisco, la collocazione in fattispecie diversa dal reddito di lavoro autonomo non pare ipotesi percorribile.
Questa la situazione di base.
Con la legge 4/2013 si è aggiunto un ulteriore tassello alla produzione legislativa, laddove si è stabilito che le professioni, senza albo ne cassa, vengano ricondotte sotto un unico ombrello che, tuttavia, apre ulteriori scenari rispetto allo svolgimento individuale della professione.
Recita infatti l’articolo 1, comma 5 della legge 4/2013 che “…….la professione è esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma di lavoro dipendente”.
Le prime esclusioni sono d’obbligo: la STP, società tra professionisti, è esclusa in quanto riservata ai soli enti ordinistici (cosiddette professioni protette).
In forma individuale : l’esclusione è solo riferita alla trattazione, in quanto GIÀ nota essendo la più praticata e seguita.
La prima osservazione, rispetto alla “gestione” in forma individuale necessariamente trova completamento, fiscale, nella legge 190/14 che ha individuato nel regime forfetario il regime naturale al di sotto di un fatturato standard, classificato in base al codice di attività ATECO. Il significato di “regime naturale” è il seguente: al di sotto dei parametri fissati per legge il professionista adotta il regime forfetario indipendentemente da opzioni e fatto salvo il comportamento concludente. Il codice attività più gettonato è il codice 749099 (fino al 31 dicembre 2003 era il codice 7484B). Il limite reddituale vigente per rimanere nel regime forfetario è previsto in euro 30 mila (limite innalzato con la legge di stabilità 2016) ed il coefficiente di redditività è pari al 78%. Considerando 10 mila euro di reddito, quindi, l’imponibile su cui calcolare l’imposta sostitutiva è pari al 78% di euro 10 mila e quindi pari a 7800 euro. Le uniche somme che possono essere portate in detrazione sono rappresentate dai contributi previdenziali (legge 335/95).
L’imposta sostitutiva è pari al 5% per i primi tre anni mentre per gli anni successivi o se l’attività non è innovativa (ovvero è la prosecuzione di una attività precedente) l’aliquota aumenta ed è pari a 15%.
Il comportamento concludente, a chiusura della digressione sul regime forfetario, è il comportamento che “di fatto”, ovvero per manifestazioni esterne inequivocabili, colloca il contribuente in una specifica categoria reddituale. Da tenere presente che se non vi è ostacolo per l’attività di accertamento non vi sono sanzioni, in caso contrario…….beh, conviene verificare il dpr 471/97 per le sanzioni ed il dpr 472/97 per il ravvedimento.
Il regime forfetario è peculiare della professione in forma individuale e non è possibile per le forme “aggregate” di svolgimento della stessa.
La gestione associata è disciplinata dalla formula della società semplice. Responsabilità illimitata e solidale, necessità che entrambi i mandatari abbiano i requisiti e siano titolari del mandato.
Il tema sarà ricorrente in ambito societario, considerato il particolare tipo di rapporto che disciplina la contrattualistica tra mandante e mandatario.
La questione si complica appena ci si avventura nella società di persone, dovendo ragionare in termini di destinatari del rapporto con la mandante. Due sono le tipologie di società di persone: società in nome collettivo e società in accomandita semplice.
Infatti considerata la responsabilità illimitata e solidale dei soci della società in nome collettivo e la rappresentanza che spetta, di fatto, ad entrambi, nei confronti dei terzi, si dovrebbe concludere che tutti i soci siano destinatari del rapporto di mandato, non essendo facilmente ipotizzabile che il mandato possa essere conferito ad uno solo dei soci che, in caso di problemi societari, o personali, di fatto coinvolgerebbe anche l’altro socio.
La problematica relativa alla società in accomandita semplice, dove, salvo il caso di ingerenza del socio accomandante, ovvero del socio di capitale, appare meno complessa, in particolare nel caso in cui i soci siano due o se più di due, solo uno dei soci sia accomandatario. In tal caso infatti vi sarebbe coincidenza perfetta tra legale rappresentante e socio responsabile.
La qualificazione del reddito, in base ad uno studio, ormai datato (2013) dell’istituto di ricerca dei dottori commercialisti è stata individuata esclusivamente per le STP (quindi in relazione alle professioni protette, quelle ordinistiche, per intenderci) come reddito di lavoro autonomo: assemblando la disposizione di cui alla legge 4/2013 con quanto concluso dallo studio dell’IRDCEC (circolare n.34 del 2013) parrebbe ragionevole argomentare che anche il reddito prodotto dalla SNC e dalla SAS sia identificabile come reddito di lavoro autonomo. Le conseguenze sono evidenti soprattutto in termini di imposizione previdenziale: gestione separata ex lege 335/95.
Ultima opzione da esaminare: società di capitali. Anche qui due esclusioni (tre, forse): la SAPA (società in accomandita per azioni) che è rara quanto l’unicorno. Si narra che l’unica esistente sia (fosse) la cassaforte di famiglia degli Agnelli, ma si ignora la funzione specifica.
Escluderei dall’analisi anche la società per azioni, il cui capitale minimo e la gestione della stessa sarebbero peculiari solo in ipotesi di una forte componente “capitalistica” che pare potersi escludere nel caso di mandato.
Esclusa anche la srl unipersonale o la società a responsabilità limitata semplificata.
Le esclusioni sono da ricercare per la prima nella sovrapposizione con l’esercizio in forma individuale (di cui la unipersonale rappresenterebbe un esascheletro con moltiplicazione dei costi di gestione e l’impossibilità di aderire a regimi contabili semplificati (per le società di capitali è obbligatoria la contabilità ordinaria).
Per la srls (società a responsabilità limitata semplificata) o srls ad un euro la esclusione va individuata in relazione alla complicazione contabile sommata alla scarsa capitalizzazione.
Resta la Srl “normale”. Abbiamo però, anche in questo caso, la necessità di segnalare la perplessità rispetto ad un esascheletro in cui i destinatari del mandato dovrebbero essere i legali rappresentanti con aggravio di costi tali da rendere necessaria una attenta valutazione in termini di proiezione o di controllo di gestione.
Il lavoro dipendente: escluso perché non avrebbe bisogno di ulteriore trattazione, trattandosi di rapporto regolato da disposizioni diverse dal mandato.
Restano le tre declinazioni: associazione (società semplice = associazione tra professionisti), societaria (l’intero libro del codice civile dedicato alle società, di persone o di capitali ed il rapporto cooperativistico.
Escluderei dalla trattazione, anche, i consorzi (perché non espressamente citati), quindi esclusi in radice, e la declinazione cooperativistica, posto che, almeno in apparenza, risultano antitetici i presupposti dell’intento cooperativo rispetto a quello del mandatario SIAE, che ha come obiettivo il lucro derivante dalla prestazione della propria opera professionale.
In materia di imposta sul valore aggiunto, la individuazione delle prestazioni di servizi, ed il conseguente assoggettamento ad iva, ha trovato una ulteriore limitazione in ragione della collocazione della mandataria tra i soggetti a “split payment” (art.17-ter dpr 633/72) e la determinazione dell’obbligo in capo alla mandataria di effettuare il versamento dell’imposta direttamente all’erario. Si tratta di una perdita di liquidità a cui corrisponde la contropartita di dover attendere la dichiarazione annuale iva per poter effettuare il recupero mediante la richiesta di rimborso o, in alternativa, effettuare la compensazione (orizzontale) con altre imposte facendo apporre, se il credito supera euro cinquemila, il visto da parte di un intermediario abilitato.
Dal punto di vista previdenziale, la medesima circolare che ha individuato la collocazione reddituale (83/1997) ha disposto anche la iscrizione nella cosiddetta gestione separata (legge 335/95).
Fatta (molto velocemente) la disamina dello stato dell’arte e delle possibilità di gestione (ovviamente secondo il mio metro di giudizio) è necessario riprendere le fila del discorso e riannodare alcuni passaggi che avevamo lasciato in sospeso.
Prima osservazione : è possibile spostarsi di una casella e trovare collocazione nel rapporto di agenzia (quindi passare dal IX al X nel codice civile)?
Secondo osservazione: se così fosse, sarebbe automatico il passaggio al reddito d’impresa e, conseguentemente, beneficiare delle “agevolazioni” che spettano agli agenti (detraibilità integrale dell’iva sugli automezzi, ottanta per cento ai fini dei redditi, eccetera…..)?
Terza osservazione: il regime previdenziale, con passaggio dalla gestione separata alla gestione commercianti, sarebbe indolore?
Si tratta di domande cui vanno date risposte necessariamente incomplete, o, meglio, “figlie” di una legislazione carente, come minimo.
Intanto la circolare del 1997 va contestualizzata e interpretata: nel 1995 viene introdotta la riforma previdenziale (terzo pilastro, ministro Tiziano Treu) che va a colmare la lacuna rispetto alle professioni (ancora non erano riconosciute come tali) che troveranno poi la consacrazione nel 2013 (legge n.4).
La necessità di inquadrare, dal punto di vista previdenziale, il reddito anche delle categorie non tipizzare ha determinato una invasione di campo dell’INPS. Il problema concreto è che nessuno si è mai preso la briga di smontare tale argomentazione.
Prima di proseguire, e rispetto alla prima osservazione, appare difficilmente perseguibile lo spostamento della tipologia contrattuale da mandato a agenzia.
Significherebbe spostare la collocazione da “….si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra” a “assumere stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione (provvigione, n.d.r.) la conclusione di contratti in una zona determinata”.
Possiamo concludere dicendo che quelli che il mandatario (ora) conclude con i “clienti” di SIAE sono contratti per i quali spetta una provvigione sono egualmente collocabili sia nel mandato che nell’agenzia?
E se così fosse, l’attività svolta in convenzione con l’Agenzia delle Entrate come va inquadrata?
Fatemi fare il provocatore: non ci sta benissimo neanche nel mandato, quindi diciamo che come attività “accessoria” possa stare in entrambi i casi….
Se diamo per assodato il “salto di categoria” alla seconda domanda possiamo rispondere di si………..e non sarebbe una cosa da poco.
Faccio pacatamente notare, per altro, che in tema di IRAP, le varie decisioni (rispetto all’esclusione) hanno tranquillamente inquadrato come “agenti mandatari” (decidetevi, verrebbe da dire….) la categoria.
Rispondiamo alla terza ed avviamoci a concludere: la circolare n.83 ha individuato a doppio filo la necessità di inquadrare nella 335/95 la categoria contributiva per il lavoro autonomo svolto dagli agenti mandatari SIAE.
Dal punto di vista previdenziale, la differenza sarebbe esclusivamente legata alle modalità di riscossione che:
- Per la gestione separata (335/95) prevedono la tassazione dell’80% del reddito prodotto nella misura del 25,72 con il massimale di euro 101.427,00 euro (mentre il minimale per l’accredito contributivo viene fissato ad euro 15.7109,
- Per la gestione commercianti (ipotizzando il pacifico passaggio a reddito d’impresa) la riscossione avviene sull’intero importo con aliquota del 24% fino ad euro 46630, mentre da 46631 a 101427 l’aliquota sale al 25%. Nella gestione commercianti, tuttavia, l’importo fino a 15710 viene riscosso in quattro rate posticipate trimestrali (maggio, ottobre, novembre, febbraio riferiti rispettivamente al primo, secondo terzo e quarto quadrimestre dell’anno) indipendentemente dal reddito.
Qualche esempio:
- reddito euro 1000. In caso di tassazione separata verrà calcolato a consuntivo l’aliquota del 25,72% su 800 euro (80% di 1000) per un totale di euro 205,76. Stesso reddito con iscrizione gestione commercianti ed artigiani : si versa il minimale pari al 24% su 15710 euro in quattro rate, pari ad euro 3770,40 euro.
- Perdita euro 100: gestione separata non tassata, gestione commercianti euro 3770,40.
- Reddito euro 16000: gestione separata euro 3292,16 (16000 x 80% x 25,72); gestione commercianti sui primi 15710 euro tassazione in quattro rate per euro 3770,40 e 24% su 290 euro per un totale di euro 3.840;
- Reddito euro 50000: gestione separata tassazione inps euro 10.288; gestione commercianti euro 3770,40 sui primi 15.710, 24% su 30920 (46630-15710) e 25% su 3.370 euro per un totale di = 3770,40 + 7420,80 + 842,50 = 12.033,70.
Come si può notare, non esiste una differenza sostanziale rispetto alla tassazione previdenziale e, conseguentemente si può concludere che il vantaggio sarebbe ad appannaggio della parte “fiscale” laddove tale assimilazione consentisse di utilizzare integralmente la disciplina fiscale per gli agenti (autovetture, carburanti eccetera).
Il 4% (rivalsa indicata in parcella/fattura) è proprio esclusivamente del sistema gestione separata: il trasferimento alla gestione commercianti determinerebbe l’impossibilità di richiedere il ristoro parziale contributivo.
In tema di iva e ritenuta d’acconto: lo split payment resta immutato (non vi è infatti alcuna correlazione tra tipologia di reddito e ambito di applicazion) mentre ila ritenuta è organica esclusivamente al lavoro autonomo.
Ultimo aspetto l’indennità di fine mandato: mentre per il contratto attualmente in vigore la clausola pattizia no è disciplinata dal codice civile, per il contratto di agenzia la disciplina è quella dell’articolo 1751 del codice civile.
Si tratterebbe di un lavoro parziale se non si potessero trarre alcune considerazioni fondamentali.
Il percorso non è sicuramente semplice o agevole e la domanda fondamentale è ovviamente se ne valga la pena.
La risposta è composita e e necessariamente va declinata in base alle esigenze personali, ma rappresenta una possibi,e svolta tale da determinare,in un senso o nell’altro, un preciso coordinamento ed indirizzo della vostra professionalità (o imprenditorialità, giusto per non creare equivoci).
Confidando di avere fornito se non esaurienti risposte almeno esaurienti motivi per riflettere, non mi resta che concludere ed augurarvi buon lavoro.
Ivano Vecchi