Il decreto legislativo n. 24/2023, entrato in vigore il 10 marzo scorso, ha introdotto l’obbligo, per le aziende con più di cinquanta dipendenti (ed anche a prescindere dall’adozione del modello organizzativo 231) di attivare una procedura di segnalazione degli illeciti previsti dal medesimo decreto.

La normativa è efficace già dal 15 luglio scorso per le imprese con una media (nell’ultimo anno) di 250 lavoratori nonché per quelle che si occupano di alcuni specifici settori (servizi, prodotti e mercati finanziari, sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente) e per quelle che sono dotate di Modello organizzativo ai sensi del D.lgs. 231/2001 (a prescindere dal numero di dipendenti impiegati nell’ultimo anno)

Mentre lo diverrà dal prossimo 17 dicembre 2023 per le imprese che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.

Proprio di whistleblowing si è parlato a Ferrara lo scorso 29 settembre in occasione del convegno organizzato da Generazione 231 APS, Fondazione Forense Ferrarese e Camera Penale Ferrarese.

L’evento, alla cui organizzazione ha attivamente partecipato l’Avv. Giulia Gioachin di Mgmt Avvocati Associati (anche consigliere di Generazione 231 APS), componente della rete professionale Lpteam, ha restituito ottimi spunti di riflessione, nella consapevolezza che spetterà ai professionisti legali risolvere, in fase applicativa, le tante questioni ancora controverse.

Così, avvicinandosi la scadenza che obbligherà gran parte delle PMI ad istituire canali whistleblowing in conformità al D.lgs. 24/2023, è senz’altro utile ripercorrere i principali aspetti della normativa in commento.

L’oggetto della segnalazione

Il Decreto disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali od europee che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, quali ad esempio:

  • illeciti amministrativi, contabili, civili o penali;
  • la violazione del modello organizzativo ai sensi del d. lgs. 231/2001, se adottato;
  • illeciti in materia di appalti, servizi, sicurezza degli alimenti e dei mangimi, salute e benessere degli animali, salute pubblica, protezione dei consumatori;
  • atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’unione europea (frodi, attività illegali);
  • la violazione delle norme dell’unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di stato, atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine e’ ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità’ della normativa applicabile in materia di imposta sulle società’

I canali di segnalazione

  1. Le aziende dovranno adottare un sistema di segnalazione (canale interno) degli illeciti che garantisca la riservatezza.

Le segnalazioni potranno essere effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, o orale (tramite linee telefoniche dedicate o sistemi di messaggistica vocale o incontro diretto)

La gestione del canale dovrà essere affidata ad una persona o ad un ufficio interno dedicato e con personale specificamente formato ovvero ad un soggetto esterno.

Deve in ogni caso trattarsi di figure dotate di autonomia, concetto da declinare in termini di imparzialità ed indipendenza.

Nel caso dei soggetti pubblici tenuti alla nomina del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) la gestione del canale interno va affidata a quest’ultimo

Il canale di segnalazione interna e la relativa gestione può essere condiviso tra più enti: nel settore pubblico, dai comuni diversi dai capoluoghi di provincia; in quello privato, dalle organizzazioni con organico in media inferiore a 249 persone nell’anno precedente.

  1. 2. Il segnalante, tuttavia, potrà far ricorso a canali esterni qualora sussista almeno una delle seguenti condizioni:
  • l’azienda non ha previsto l’attivazione del canale interno o se previsto non è stato attivato o non è conforme a quanto disposto dal Decreto
  • ha già effettuato una segnalazione interna e non ha avuto seguito o si è conclusa con provvedimento finale negativo
  • ha fondato motivo di ritenere che, se effettuasse la segnalazione, alla stessa non sarebbe dato seguito efficace o possa determinare un rischio di ritorsione
  • ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse

L’autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha già attivato un canale esterno di segnalazione (Whistleblowing – Modulo per la segnalazione di condotte illecite ai sensi del decreto legislativo n. 24/2023 (anticorruzione.it)

In alternativa alla segnalazione tramite il canale ANAC, la persona segnalante può effettuare una divulgazione pubblica (tramite comunicato stampa o social media) o rivolgersi all’Autorità giudiziaria.

La gestione della segnalazione

Il potere di segnalare gli illeciti spetta non solo ai dipendenti, ma anche ai lavoratori autonomi che svolgono la propria attività presso l’ente pubblico o privato, ai collaboratori, ai consulenti, ai volontari, ai tirocinanti, agli azionisti nonché alle persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo e vigilanza, pur se esercitate in via di fatto.

Entro 7 giorni dal ricevimento della segnalazione il destinatario designato deve inviare un avviso di ricevimento al segnalante, mentre è previsto un termine di 3 mesi per fornire al segnalante un riscontro nel merito di quanto segnalato.

La segnalazione è sottoposta ad una valutazione preliminare di ammissibilità, nell’ambito della quale il destinatario verifica che il segnalante rientri tra i soggetti che possono effettuare una segnalazione e che l’oggetto della segnalazione rientri tra gli illeciti previsti dal d.lgs. 24/2023.

E’ necessario anche valutare la natura non personale della segnalazione e l’attinenza con la finalità di tutela dell’integrità dell’ente.

Se la verifica preliminare ha esito positivo, si procederà all’analisi del contenuto della segnalazione, mentre in caso di esito negativo se ne disporrà l’archiviazione senza svolgere attività istruttoria.

Ove la segnalazione dovesse ritenersi fondata, il Gestore dovrà rivolgersi agli organi preposti dell’Ente (ossia quello amministrativo e quello di controllo), i quali adotteranno le misure ritenute opportune per accertare le responsabilità individuali ed eventualmente interessare le Autorità competenti.

Le misure di protezione per il segnalante

Il segnalante ha diritto alla riservatezza sulla sua identità e sul contenuto della segnalazione e non può subire ritorsioni in conseguenza di quanto segnalato.

A titolo esemplificativo, sono considerate ritorsioni il licenziamento del segnalante, la sua sospensione dal lavoro, un demansionamento, gli atti di coercizione, intimidazione o discriminazione, le molestie, l’ostracismo, i danni alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici e finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi.

La protezione dalle ritorsioni si estende anche a chi assiste il segnalante nel processo di segnalazione, alle persone del medesimo contesto lavorativo del segnalante e che sono a lui legate da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado, ai colleghi di lavoro che hanno con il segnalante un rapporto abituale e corrente, agli enti di proprietà del segnalante o per cui questi lavora o che operano nel suo medesimo contesto lavorativo.

Il segnalante o gli altri soggetti meritevoli di protezione che abbiano subito una ritorsione lo comunicano ad ANAC, che, in caso di ente pubblico, deve informare il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli eventuali organismi di garanzia o di disciplina, in caso di ente privato deve informare l’Ispettorato del lavoro per i provvedimenti di competenza.

Gli atti assunti in violazione dei divieti di ritorsione sono nulli, salvo l’onere, in capo a chi ha adottato la misura nei confronti del segnalante, di provare di averlo fatto per ragioni estranee alla segnalazione.

Le sanzioni

L’ANAC potrà applicare le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

  1. a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
  2. b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni;
  3. c) da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia

Conclusioni

L’intervento normativo in commento pone senza dubbio le imprese di fronte ad un adempimento che richiede, prima di tutto, un cambio di passo, anche culturale: l’introduzione di un canale di segnalazione a tutela dell’integrità dell’organizzazione aziendale dovrà essere percepita come un valore, non come un intralcio.

Le aziende dovranno quindi formare le proprie risorse sul tema, mettendo a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne o esterne.

 

 

 

 

 

 

 

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